17 dicembre 2007

Del prossimo e di altri ancora

L'alba del 20 mi vedrà alle prese con valigie e quant'altro, non è tanto il viaggio in se, è partire con mio figlio dopo tanti anni che mi rende ansioso e allo stesso tempo eccitato.
Ricordo la luce nei suoi occhi all'annuncio di un viaggio, un bambino di 11 anni che pativa la mia assenza, i primi anni della separazione da sua madre, un bambino che attendeva con trepidazione l'incontro estivo dopo i mesi passati in città diverse e nei quali si comunicava mediante appassionate lettere che dilatavano il tempo e trasformavano gli stati d'animo in cui avveniva la scrittura.
Momenti intensi in cui si cercava di recuperare il tempo perduto, ma quel tempo lo rimpiango ancora, contro la mia volontà mi sono perso tanti istanti che avrei voluto per sempre conservare nel mio cuore, ma non potrò mai dimenticare i suoi sguardi, intensi, carichi di significato, profondi, se qualcuno al mondo mi conosce fino in fondo, quello è proprio mio figlio.
Le vicissitudini della vita ci hanno diviso e riunito tante volte, gli anni delle medie passati a Firenze, gli anni del liceo a Palermo, l'università a Firenze prima e Palermo ancora una volta, occuparmi di lui a "puntate" non ha certo minato il nostro rapporto, adesso viviamo ognuno per conto proprio seppur nella stessa città, e finalmente saremo insieme per un momento di svago che giunge necessario dopo mesi, se non anni, di intenso lavoro e sacrificio, che se non ci ha, alla fine, regalato le soddisfazioni che pensavamo, per lo meno ci ha permesso di essere uniti e solidali, regalandomi la possibilità di sposare un suo progetto e condividerne l'entusiasmo.
Barcelona non ci è estranea, ma l'abbiamo vissuta in solitaria e in momenti diversi, ambedue affascinati dalla Spagna e con la medesima voglia di viverla in maniera diversa, con quella strana idea che spesso torna a fare capolino e che anche in questo caso ci vede solidali.
Spesso i volti delle persone conosciute non si ricordano più, si perdono nel vento le parole, gli anni cancellano amicizie e amori, certi ricordi si mantengono vivi nella memoria del cuore, certi altri li lasciamo andare e a volte la paura non ci fa proseguire nel cammino della conoscenza, non credo si possa spiegare a parole il legame che unisce un padre a un figlio, e forse non serve farlo, è quando gli sguardi si incrociano e toccano le corde del cuore, quando non servono parole, quando percepisci le storie anche senza che nessuno te le racconti, quando il tempo della condivisione ti regala la certezza di avere raggiunto quel momento altissimo che non a tutti è dato di conoscere e che a volte qualcuno t'invidia, è in questi momenti che capisci e non ti resta che ringraziare la vita per averti concesso il sentimento più bello.

13 dicembre 2007

il mio piccolo viaggio alla scoperta della cuccìa

La mia cuccìa in solitaria alle sei del mattino, lume di candela, due bicchierini di grappa per far finta di non essere solo ma non li ho bevuti mi sembrava carino metterli nella foto, un discreto lavoro alle spalle, ma neanche tanto faticoso, grano, ricotta, scorzetta d'arancia candita, cannella, cioccolato fondente, e qui ho esagerato 99%, qualche filo di zuccata, aroma di vaniglia, sa molto di arabo in questa veste ma è tutta siciliana.

1 dicembre 2007

Di un viaggio interrotto

Da bambino detestavo la crema di ricotta, della cassata siciliana amavo soltanto il pan di spagna e il verde marzapane.
Alcuni dei miei pomeriggi di studente del liceo li dedicai ad alcune visite, in compagnia di Francesca, presso l'ospedale psichiatrico il quale credo da poco non si chiamasse più "manicomio". L'imponenza del luogo m'incuteva timore, a volte non visto mi aggiravo tra le sale deserte, sbirciavo fuori dalle finestre le immense solitudini, tornavo nella mia casa luminosa piangendo, ma non sapevo mai il perchè, soltanto mi facevo carico di qualcosa più grande di me mentre i miei compagni andavano a dare calci ad un pallone improvvisato nella polvere delle strade con gli zaini a far da porte.
E' un pomeriggio di quelli che voglio ricordare, quella volta a noi si era unito anche Michele, a lui il calcio non era mai piaciuto, sembrava una missione la nostra o l'espiare colpe che non ci appartenevano, la sala grande e luminosa riecheggiava di musiche e danze, la ragazza prese la mia mano e m'invitò al ballo, non lo avevo mai fatto prima, avevo diciannove anni credo e gli ultimi passati nella mia stanzetta ad ascoltare rock e vagheggiare di un amore mai conosciuto fino ad allora.
Lei aveva uno sguardo felice in tutta la sua sofferenza ed io mi lasciavo trasportare, fino a quando non arrivarono le pastarelle alla ricotta, si illuminò ancor di più e mi rese partecipe della sua generosità, le sue mani indugiavano ora sull'una ora sull'altra, cercava soltanto di scegliere la migliore per me, quando me la portò alla bocca era così contenta che non ebbi il coraggio di rifiutare, dopotutto io la ricotta la detestavo ancora, la crema mi si sparse per il viso, e un'altra e un'altra ancora, il ballo proseguì per qualche minuto, fino a quando le robuste braccia di un infermiere non la portarono via, la festa era finita, i suoi occhi di colpo persero la luce le sue braccia tese ed imploranti mi dipinsero tutta la solitudine, il buio prese forma e la musica cessò, restai al centro della grande stanza mentre le lacrime si mescolavano alla crema, non una parola nel ritorno a casa, la sera era già scesa e si sentivano soltanto i nostri passi, ognuno perso nei suoi pensieri e incapace di dargli vita.
Quella credo fu l'ultima volta che mi recai in quel posto o forse nel tempo l'ho rimosso, era stato per via della legge 180 del 1978 figlia di Basaglia che avevo potuto avere quell'opportunità, ma anche il mio impegno politico, l'incontro con Francesca.
Quest'episodio dimenticato è tornato alla luce negli anni un paio di volte, quando vidi un film su Basaglia, quando mi recai in quell'ospedale oggi tanto cambiato per tirare anch'io calci ad un pallone nel campo attiguo, oggi riaffiora leggendo Roveredo e ne parlo con Giulia che il libro mi ha consigliato. Le stesse lacrime rigano il mio volto, ma non si mischiano alla crema, quella crema alla fine ho imparato ad apprezzarla e continuo a dare calci ad un pallone. Avrei dovuto versare meno lacrime e darmi più da fare, non ne ho avuto la forza forse, o forse mi è mancato il coraggio.