22 gennaio 2008

La mia piccola odissea per il Rosae Mnemosis - 17:36/19:49

Tutto comincia quando chiedo alla gentilissima Silvia dove trovare il suo vino qui a Palermo, purtroppo non è ancora distribuito, è la sua pronta risposta, così come pronta è l'offerta di inviarmene una bottiglia, sorpreso e stupito, ma non tanto, accetto di buon grado, poi le festività natalizie, il mio viaggio a Barcelona.
La sera del 17 gennaio trovo un biglietto arancione nella buca delle lettere, qualcuno ha provato a consegnarmi un misterioso pacco celere... rifaranno il tentativo, così dice il biglietto, la sera successiva un altro biglietto dello stesso colore si materializza nello stesso posto del primo, stavolta non c'è scritto nulla, nè data, nè indicazioni di sorta, ricordando altre consegne e considerando il week-end di mezzo designo il lunedì successivo per il ritiro.
Lunedì 21, alle 14:30, appena uscito dall'ufficio, pur non sapendo affatto dove recarmi, mi dirigo all'ufficio postale più vicino a casa, l'impiegato rigira tra le mani i due biglietti, con aria sconsolata e rassegnata mi comunica che loro ancora il pacco in questione non l'hanno ricevuto, sarà meglio riprovare domani... mmmmmm.
Martedì 22, stavolta alle 13:30 sono all'ufficio postale, c'è una donna allo sportello, che con aria ancora più sconsolata del primo mi dice che francamente non sa come aiutarmi, un collega zelante prova su internet, alla ricerca del pacco perduto... scopro così che il servizio di posta celere in realtà è affidato ad una non meglio identificata società di cui le poste si servono, l'impiegata comincia a recitare una triste litania: l'azienda non è più quella di una volta, si stava meglio quando si stava peggio, non ci sono più le mezze stagioni ribadisco io e finalmente ottengo un numero di telefono al quale rivolgermi o in subordine l'indirizzo della società, si, diavolo, però la stessa non si trova a Palermo, bensì a Villabate, comune limitrofo, però considerando che io vivo esattamente dall'altra parte e ci saranno almeno venti chilometri di distanza propendo per il telefono.
Ore 15:30, ho appena finito di pranzare e decido di chiamare la ditta di spedizioni, voce registrata, musica di sottofondo e segnalazioni varie su numeri di telefono a pagamento, sito web, ecc... penso che siano in pausa pranzo (ma quanto dura la pausa pranzo?). Sul famigerato "pizzino" arancione scorgo un numero verde, lo compongo fiducioso, call center delle poste, niente da fare, il tipo ci prova ma non cava un ragno dal buco, comincio a disperare, internet, trovo la società, digito il mio bel numero di spedizione, risulta che il pacco proviene da Empoli e che hanno provato varie volte a consegnarmelo...nessuna indicazione sul da farsi, provo una poco credibile operazione di contatto con la quale dovrei ricevere notizie in merito via sms o e-mail... attendo, intanto provo le pagine gialle e comincio a chiamare tutti i numeri esistenti, la solita musica, gli operatori sono occupati ma se voglio posso provare un numero a pagamento per soli 15 centesimi al minuto e tra l'altro senza scatto alla risposta... decido che forse è il caso di provare la macchinetta mangia soldi, come prevedevo, digitare uno se..., digitare due se..., il tempo scorre inesorabile e nessuno mi risponde, il mio cellulare è muto e la mia casella di posta sta facendo la muffa.
17:36 sono in auto, dopotutto sono soltanto venti chilometri, dimentico delle targhe alterne e della chiusura improvvisa del parco della Favorita che generano il caos... guardo mestamente le cifre digitali sul cruscotto, tra l'altro non conosco nemmeno l'esatta ubicazione della famigerata società... il tempo non aspetta ed io sono bloccato nel traffico, 17:59 mi dico che posso farcela, mi guardo intorno, la gente sembra rassegnata, sto ascoltando la radio, non sono abituato al traffico e cerco di non pensarci, d'improvviso mi sbuca davanti un furgoncino bianco, la scritta laterale mi sembra di conoscerla, ma sì è proprio un furgoncino della ditta che sto cercando, in un lampo il colpo di genio, sono già le 18:28, ho letto nel sito che le consegne si effettuano sino alle 19:00, se uno più uno fa due, il tipo ha finito le consegne e sta rientrando in sede... lo seguo molto fiducioso.
Sono talmente convinto del fatto mio che non mi accorgo che invece il furgoncino gira per una traversa laterale , continuo a seguirlo, e dopo dieci minuti capisco che sta tornando in città, diavolo, mi prende la disperazione, sono costretto ad invertire il senso di marcia e ricominciare quasi da zero.
Mi dico che non ce la farò, ecco Villabate, cerco la stazione ferroviaria nei cui pressi dovrebbe essere ubicata la ditta, mi fermo e chiedo ad un passante, stazione ferroviaria qui a Villabate? Non esiste più da anni... o porca miseria, e adesso? Però la stazione di Villabate in realtà è quella di Ficarazzi dice lui... ok, va bene, ma come la raggiungo???? Sempre dritto, la prima a sinistra, poi subito a destra, il ponte, il semaforo giallo intermittente, poi subito a destra e sempre dritto, facile a dirsi... ma lei sa per caso dove si trovi la via Picasso? Anche da morto vieni a tormentarmi, è davvero un destino infame il mio.... ma questa è tutta un'altra storia... 18:48, seguo le indicazioni, e neanche a dirlo, mi perdo, la lancetta del serbatoio punta pericolosamente verso lo zero... anche questa, non ho certo il tempo per fermarmi ad un distributore.
Il vecchio che vende ortaggi e frutta per strada mi dice che non è della zona, leggo Ficarazzi su un cartello e mi fiondo, comincio a sentire l'istinto prendere il sopravvento, non so nemmeno dove mi trovo, ma sento che sono nella direzione giusta, 18:57, cavolo, cavolo, non mi chiuderanno sul naso, vedo una traversa più larga, guardo la targa stradale, e il mio volto s'illumina, Via Pablo Picasso, eureka! Entro trafelato nell'ufficio, 18:59, bingo! L'impiegato guarda il suo orologio, penso mi voglia buttare fuori, ma deve aver notato la mia aria contrita e disperata, prende i miei biglietti arancioni e sparisce, l'attesa si prolunga e già penso che del pacco non ci sarà traccia... finalmente un altro impiegato mi chiama per nome con in mano una busta, ci dispiace per il contrattempo, si è trattato soltanto di un errore, le hanno lasciato degli avvisi sbagliati... si, ok, ma il pacco c'è? Si, si, quello si, uff, le ultime perplessità svaniscono, una firma e finalmente entro in possesso del tanto agognato oggetto del desiderio, non oso aprirlo, lo adagio sul sedile della mia auto, una targhetta sbiadita recita Villa Petriolo, è lei, si, è lei, la mia bottiglia di Rosae Mnemosis, mi sento felice come un ragazzino e fumo una sigaretta liberatoria.
19:49 casa, finalmente, apro la bella scatola, la bottiglia è sana ed avvolta da una carta in cui si legge di fiabe raccontate, di sorelle, di rose, di desideri, di conquiste.
Grazie Silvia, il primo passo è stato immortalare la bottiglia a cui farà seguito, chiaramente, la degustazione, credo che sceglierò l'abbinamento con il filetto all'arancia e pepe rosa di Bian.

15 gennaio 2008

quel viaggio a ritroso nel tempo

Forse era soltanto gelosia, o forse invidia della bellezza del non sapere, eppure calciavo forte, con cattive intenzioni, suppongo adesso, lui sorrideva sempre, bardato di tuta, ginocchiere, guantoni, troppo grandi per permettergli anche di muoversi, ma lui sorrideva, sempre, anche quando restava legato ad aspettare, senza dire nulla, senza obiettare, senza aspettarsi nulla, neanche di fronte alle pistole che ci venivano puntate, neanche una lacrima, ho sempre scambiato per forza la sua sensibilità, del resto non ho mai capito niente veramente, rigiravo tra le mani quel flaconcino e mi chiedevo con ostinazione perchè il contagocce fosse stato spinto a forza al suo interno, sempre poche parole, ma quelle poche parole mi restituivano con molta chiarezza le sue notevoli capacità. Che fosse il codino o la barba lunga, o la Parigi delle sue foto, gli occhiali scuri che mi negavano lo sguardo, le troppe sigarette, o di quella volta che gli dicevano, "mangiami, mangiami", gli anni di lontananza e le lettere in sordina, verità nascoste e domande senza risposta, cercavo tra le nuvole il colore della mia terra lontana, mentre la vita si prendeva tutto e il tempo non ci aspettava, echi lontani di gesta andate, di solitudini, di fasti e clamori, di risa perdute, di infanzie negate, gli amori, gli amori, persi nel vuoto di una stanza, tele disperate e richieste d'aiuto, di quelle corse del mattino e dei cornetti appena sfornati, di qualche cinema e di tutti i libri non letti. Del dolore della verità che a tutti i costi non si vuol sapere, di tutti i traumi e le sconfitte, del desiderio che muore ogni giorno, dei momenti di odio, di delusione e di tristezza, di una richiesta disperata.
Il desiderio sopito di quel viaggio insieme che non è mai venuto, delle promesse e del distacco, dell'indissolubile amore fraterno.
La paura dell'ignoto ci rende sgomenti e solidali, insieme a tutte le domande alle quali cerchiamo frenetiche risposte, la lotta continua, la lotta è sempre dura, i grandi occhi incorniciati da folte ciglia mi osservano, scrutano la mia ignoranza, da tempo hanno smesso di credermi, un fremito attraversa la mia schiena e un dolore che non conosco mi spinge a piegarmi in avanti, mi osserva incredulo e le mie parole si perdono nel vento, gli tendo una mano, ma come sempre è tardi, anche questa volta capisco in ritardo, anche questa volta perdo la mia occasione.
Lentamente il giorno fa il suo ingresso, ho aperto gli occhi già da un pò, preparo il mio solito caffè e accendo la mia prima sigaretta, la notte è stata tormentata, tra gli acufeni che non mi lasciano un momento e i pensieri sparsi e intrisi di un dolore nuovo, la luce filtra tra le tende, i fogli sparsi in giro riaccendono il mio interesse e la voglia di sapere, vorrei essere lontano, perdermi tra la gente, non farmi riconoscere, l'ennesima fuga, l'ennesimo non-ritorno vagheggiato, a volte le battaglie si vincono da soli, ma una guerra è un'altra storia, troverò la forza, quel coraggio perduto, non perchè debba, solo perchè voglio.

12 gennaio 2008

Lo scopino nella candeggina

Le lacrime scendono lente sul volto di Tami, nel suo itaspainglese riesce a dirmi che spera ci vedremo presto, la Estación de França sembra essere rimasta quella del 1929, un tuffo nel passato che rimanda ad antichi fasti, ad antichi dolori, anche se della dittatura franchista non sembra più esservi traccia, Barcelona si sveglia in questa fredda mattina di dicembre accarezzata da un tiepido sole, lentamente percorro a piedi i pochi chilometri che mi riportano a casa, Peppe e Valerio dormono ancora, il natale ce lo siamo lasciati alle spalle, fumo disteso sul letto, la finestra aperta rimanda echi di bambini in festa, un velo di tristezza, non mi lascia l'immagine degli occhi di Tami ora sorridenti ora mesti e tristi.
Adriana mi ha salutato con molto affetto, sorridente e lanciata verso i suoi nuovi traguardi, Valerio maledice se stesso, la sua presunzione, i suoi errori, avrei voluto trovare parole diverse, mi riconosco adirato e incapace, piccoli momenti di tensione, d'incomprensione, anneghiamo i dissapori nell'ennesimo vodka lemon, dopo guardiamo tutto con più serenità, ci ritroviamo, torniamo a sorridere, uno sguardo, niente più parole, avremo tanti giorni ancora e la maniera di riparlarne.
La Rambla si porta via il sorriso, ancora una volta, scende una pioggia fine e traditrice, il Montjuic sembrava aspettarci, Mirò è preso d'assalto, gli invasori parlano la lingua italiana, straziano tutto quello che trovano sul loro cammino, impietosamente, vanno a caccia di souvenir, di un briciolo di memoria, lui è sepolto qui vicino, ne avverto la presenza, ci perdoni maestro.
Non siamo stati capaci nemmeno di una telefonata, Santiago non è a un tiro di schioppo, ma le telecomunicazioni oggi fanno miracoli, il piacere è rimandato ancora una volta, la paura regna sovrana e incontrastata, Agustìn, perdonaci anche tu.
Pablo Ruiz Picasso è morto, è morta l'arte, viva l'arte. Divoro i passi, la frenesia mi assale, voglio nutrirmi, voglio ingozzarmi, voglio scoppiare di piacere, gli occhi pieni, il cuore impazzito, mi fermo soltanto quando lo vedo, lui è lì, mi guarda, sembra dirmi morirai anche tu, non sai quando, ma accadrà e nessuno saprà cosa avresti potuto fare, stupido, vigliacco, insulso essere, i colori si sciolgono, lentamente debordano dai quadri e mi cingono in una morsa sottile, le dita di pane sembrano prendersi gioco di me, che figlio di puttana, ti ho amato dal primo giorno, con la tua maglietta a righe e le mani sporche di colore, per le tue stramberie e le tue donne, e ti ho odiato perchè non ero lì, mi resta una foto rubata, i tuoi occhi, gelidi, spietati, accusatori, mi fa male ammetterlo, ogni giorno di più, perchè m'inchiodi alla verità.
Sudore, accanimento, oltraggi alla libertà, e la stramaledetta teleferica è già chiusa, sento svanire il tempo, il sole sta per scomparire dietro i monti, il freddo si fa intenso e i giorni sono andati via, paella da dimenticare, chuleton da ricordare, la crema catalana, il pub di Simone, Sorriso, Catalunya, il piattello e il santa diña chileno, è stato solo un momento, mi sono distratto e adesso questo bel flacone di candeggina resterà inutilizzato.
Gaudì, Aldo Rossi ed anche Bonvicini, sagrada, segrate e le strip, ancora lei, l'ignobile, irriverente con la falce, monumenti ai caduti e caduti dai monumenti.
La moka l'ho portata da casa, non ho saputo resistere, il caffè della mattina è l'unica sacralità che riconosco, la prima sigaretta, le prime luci, il porto olimpico e il park Guell, il barrio gotico, la ciudadela, la condoneria con i suoi oggetti bizzarri.
La diagonal e le corti inglesi, non c'è, inutile insistere, ancora non c'è, vive nella nostra immaginazione, Valerio lascia stare, smettila di bere, Peppe pensieroso, un sorriso, ritrova la parola, gli ultimi dodici secondi, dodici acini sentenziano la fine, in ritardo prendo ad ingozzarmi, recupero, taglio il traguardo in tempo, siamo nel 2008, verso un goccio di candeggina, lo scopino ringrazia.