28 giugno 2008

L'ultimo viaggio...

Non riesco ancora a crederci, comprati ormai nel lontano 2000, compagni fedeli di tanti viaggi, instancabili, pronti, decisi, mi hanno abbandonato! Sigh, pagati in lire sudate, "tecnici" per antonomasia, affidabili, sicuri, li osservo sfaldarsi senza possibilità alcuna di porvi rimedio, sorpresissimo già al bar che qualche pezzetto cominciasse a mollarsi... via via un crescendo e per di più nel giorno designato per una breve escursione alla riserva orientata dello "Zingaro"... lungo il sentiero la prima a cedere la suola sinistra, portata in mano come un trofeo sino a quasi la metà del percorso quando si schiantava anche la destra!! Tra la suola andata e la parte di appoggio del piede una mescola indefinita prende a disintegrarsi, vari pezzi restano sul selciato mentre io imperterrito proseguo nel mio cammino... arrivo alla spiaggia praticamente soltanto con la parte superiore integra e inutilizzabile, ma è fatta, mi distendo al sole in preda alla rabbia e riaffiora alla mente un sogno di bambino che ripetuto nel tempo ossessionava i miei risvegli, all'età di 4 o 5 anni, in un periodo in cui era d'abitudine recarsi dal fotografo per immortalare il compleanno con tanto di enorme torta in bella vista (conservo alcune di quelle foto), ma nel terribile sogno mio padre inspiegabilmente andava via lasciandomi dal fotografo, solo e a piedi scalzi!! Non ho mai capito il significato, a prescindere dal fatto che mai mio padre avrebbe potuto tenere un comportamento simile.

L'acqua fresca mi conforta dopo l'esposizione prolungata al sole cocente delle due del pomeriggio e lava via la rabbia per i sandali, è vero c'è un ritorno da affrontare e a piedi nudi, alla fine riesco abbastanza agevolmente a camminare lungo il sentiero a ritroso e giungere all'auto con i piedi ancora integri, chissà, forse a distanza di tanti anni anche quell'incubo sarà sfatato...

27 giugno 2008

Guatemala, luglio/agosto 2000

Claudia sorride dietro la macchina del caffè, sorride ricordando i suoi trascorsi italiani, sorride ascoltando la musica classica che pervade il suo "Cafè Opera" di Antigua, sorride come quegli italiani che hanno trovato il coraggio e la determinazione di andarsene...
Le oche sono sbucate dal nulla, procedono in fila indiana attraversando tutto l'arenile, ad una ad una si tuffano nel lago, devo ancora digerire il platano fritto con i fagioli neri, mentre le immagini forti di Tikal e Uaxactun non mi abbandonano, sento tutta la forza e la presenza dei Maya intorno a me.
Il tipo rasta mi chiama amico e mi offre del fumo, alcune donne dopo aver strizzato i panni si spogliano e si lavano nel lavatoio pubblico incuranti degli sguardi, Livingston porto fluviale e marittimo dove tutti sembrano giamaicani e parlano inglese, come inglese è la lingua della ragazza che mi porta da mangiare in questo hotel di Belize city, mar dei caraibi, un autentico flash dopo lo spagnolo guatemalteco e onduregno, il Cayo Caulker è una piccola striscia di terra, l'occasione per un incontro ravvicinato con barriera corallina, squali e razze.
L'epidemia di dengue ci costringe a saltare Quetzaltenango, sul lago Atitlan scende una fitta nebbia procediamo lentamente mentre la notte scende e le ragazze litigano, tripudio di colori, fiumi di gente, improvvisa pioggia scrosciante e sole accecante, Chichicastenango si offre a noi in tutta la sua bellezza e semplicità.
Gli operatori del comune tagliano l'erba dai bordi delle strade con il solo ausilio di piccole roncole, quando ripassiamo la sera tardi loro sono ancora lì curvi sulla schiena, un vecchio carico all'inverosimile ci chiede un passaggio, l'avevo osservato da lontano, portava le sue cose per una decina di metri e tornava indietro a prendere il resto e avanti così per chissà quanto tempo, le quattro valigie che mio padre portava con sè, in treno, e a tutte le stazioni si ripeteva la scena, come quella del vecchio a Tikal, mi sorprendo quando alla fine vuole pagarmi per averlo portato con noi, riesco a convincerlo che non prenderò i suoi soldi, lo guardo andar via e mi riconcilio col mondo.

24 giugno 2008

Messico e nuvole...

Il militare mi sveglia con un gesto brusco, mi punta il fucile, es suya una maleta azul? Faccio fatica a connettere, riesco a rispondere che no, no tengo una maleta azul, tengo uno "zaino" azul, il militare strabuzza gli occhi e ripete quasi ossessivamente "zzzaino"????? In quel momento concitato non mi sovviene che zaino in spagnolo si pronuncia mochila, per mia fortuna aiutandomi a gesti afferra il significato e scende dal pullman portandosi via due tipi dall'aria losca che avevo già inquadrato all'inizio del viaggio, avrei potuto far loro compagnia, per una volta forse la sorte non mi è avversa...
fumo nel silenzio della notte mentre osservo il cielo terso e stellato, Messico, il mio Messico, dobbiamo all'autista suppongo l'intervento dei militari, la pausa ristoratrice nella notte probabilmente è stata una manovra per facilitarlo...
Holbox è un flash, spiagge bianchissime e deserte, acque fresche e limpide, unico neo forse le fastidiose mosche. L'ex ferroviere genovese sembra un ragazzino, sorride felice, qui ha trovato la sua reale dimensione, non ha perso la proverbiale tirchieria, quando gli chiedo un pò di olio per cucinare un piatto di pasta dopo un mese di cibi esclusivamente messicani mi risponde che ne ha pochissimo e ad uso esclusivo del figlio piccolo... guarda caso la sua locanda è la più cara di tutta l'isola...
Il caldo afoso di Merida si appiccica alla pelle, il coriandolo fresco nel cocktail di scampi a Veracruz quasi mi uccide, Chichén Itzà, Palenque, Teotihuacan, Xochimillo, il Cañon del Sumidero, Valladolid, Villahermosa, San Cristobal de las Casas, Chiapas, Yucatan, San Miguel de Allende, San Luis Potosì, Oaxaca, Zacatecas...
Stravaccato sul polveroso bordo di una strada deserta, circondata dal verde, mi godo un'altra sigaretta, percepisco i primi tuoni in lontananza, il vento sale, i primi bagliori, le nubi si addensano sempre più nere e minacciose, le prime gocce in contemporanea con l'arrivo di un pullman che più sgangherato non si può, ma non abbiamo alternative, lo prendiamo, Messico e nuvole...

16 giugno 2008

La normale dimensione del tempo

I tipici odori da spiaggia mi colgono assopito, riconosco il solare misto a sudori e vapori, la mente vaga e i ricordi mi pressano, Grecia, isole, mare, sole, caldo, perchè ostinarsi a congiungere le cose, gli avvenimenti, i fatti, un amore perduto, un amore trovato, l'amico che ti cerca soltanto nel momento del bisogno, il bisogno associato alla paura, girare le spalle è un attimo, altri orizzonti, altre verità. Le disperazioni sono tutte uguali e tutte diverse, grande banalità della verità, perchè succede di non accorgersi, a volte davvero mai in tutta la vita, dei propri limiti? Com'è possibile che un'esigenza la quale inevitabilmente non può dipendere soltanto dal nostro volere, diventa pressante, insistente, necessaria, imprescindibile? Il vento caldo di scirocco molesta le mie piante, il tentativo di girasoli ripetuto nel tempo, il pressante richiamo del viaggio resterà inascoltato, altri viaggi verranno, nulla escluso.
Calpesto ancora con orgoglio e capacità l'erbetta sintetica, attendo la cifra tonda, il giro di boa e l'addio definitivo, conservo i postumi e gli inestetismi della botta ad un occhio, alcuni mi evitano impressionati credo, mirabile effetto, gongolo... Mammolo, Pisolo, Cucciolo, Eolo, Brontolo, Dotto (lo) dove sei Barney?
Come si può davvero credere di tenere nelle proprie mani il destino, la sorte, di altri? Lui persegue nella convinzione di essere nel giusto, non ha mai avuto la capacità dell'ascolto, riconosce soltanto i bisogni primari e a quelli si è sempre adattato, come un animale, blaterando di onore e doveri, lealtà e cameratismo, orrore a perdita d'occhio... "ci sono solo due modi per fare le cose, quello giusto e quello alla mia maniera, e sono la stessa cosa".
Presunzione, ignoranza, mancanza d'umiltà, non voglio scriverne e non lo farò, sono già stanco e non ho bisogno di trovare un senso, l'ho già trovato.