7 giugno 2010

Los secretos de sus ojos

La barba folta scura e i capelli neri si alternano alla barbetta rada e bianca come bianchi i capelli, nell'alternarsi del tempo e del racconto, struggente malinconico, come la semplice e decisa fotografia, il corpo straziato di una giovane donna rimanda a torto l'immagine dei giovani desaparecidos nei voli della morte, non c'è sentore di tanghi, un timido accenno di calcio per sottolineare una passione. Grandi interpreti in una recitazione perfetta, la palpabile paura d'improvviso chiusi dentro un ascensore, uomini perduti per sempre, amori immarcescibili, prima della tragedia, prima delle madri, l'Argentina, quella lontana dal Moreno, lontana dal culo del mondo, immagini forti da fare venire mal di testa e un groppo in gola, nell'immensa tragedia l'assassino rinchiuso da venticinque anni chiede al suo carceriere che almeno gli parli, inimmaginabile condanna. Buenos Aires nella burocrazia di tutti i paesi, la polvere e i lacci di un archivio, il potere mafioso e l'omicidio, un amore in sottofondo, come il sottofondo di là da venire dei colpi ai vetri, alle saracinesche degli istituti bancari... giovani deviati che perdono altri giovani, allusioni, Peron, Evita... e il sig. Esposito distinto, perbene, e quel suo amore mai dimenticato.

2 giugno 2010

Braccianese

E ancora profumi e quel desiderio che sale, la pioggia bagna le mie scarpe di tela mentre incredulo osservo l'incessante via vai del corso, ancora una volta, di melanzane e anelletti, e sarde e finocchietto, salgono le danze e ritmi, focheggio e sparo, la mia timidezza, e non trovo le parole, il tempo che non si rimette ancora, delle scarpette al trolley e la maglietta tecnica intonsa, la casa d'edera, un "coso" dimenticato, non mi riesce di abbracciare neppure in quel di Bracciano. Lago, cigni e anatre o forse oche, il sole al Caravaggio che di lui si beffa, trentanove anni, sangue e colori, terre, chimica zero, che avesse trovato il modo della fotografia? Hopper, l'America, e diciassette per il momento non sarà autografato, lei mi osserva disgustata, il mio nuovo libro al cacao, le strade, le fila, le festeggiate, la scoperta sorprendente, pizza e Necci, tavolacci goderecci al vino, al chianti, al primitivo, poco zucchero nel tiramisù, niente gelo, così è meglio.
Spritz, eppi auar, di una telefonata non fatta, di messaggi nella notte, di umori distorti, incomprensioni e dissapori, lo scarafaggio sul parquet, l'antinfiammatorio.
Taccuini consegnati, tutina strettina, ancora libri e salto feltrinelli, aifon che sembra quasi quello dell'udito, recriminazioni, dubbi, sentori, desideri infranti, salto la caponata, salto il pollo, il gelato nella traversa di via del corso non è niente male, anche se il mio gli da ancora dei punti, poi tutto tace, mi assopisco all'imbrunire mentre rientrano i carrelli e il comandante annuncia tempo buono e ottima visibilità, cazzo di lost e chi l'ha inventato... mannaggia anche al professore. Lei non è niente distesa e perdo l'ennesima occasione per comprendere, anzi faccio di peggio e lo capisco solo a voce. E' andata così, va sempre così, l'esperienza del resto suggerisce niente aspettative. Avremo ancora tempo, con meno timidezza, qualche parola in più, mi lecco le ferite in silenzio, non c'è tom tom, è rimasto con Paolo, Mariella ci aspetta invano a Piazza Navona, non mangeremo la pizza del Roscioli, non mangeremo la bausbosa araba, in compenso lieviteranno contatti e conti e le richieste di replica, assonnato guardo la mia Nikon e l'accarezzo come fosse un cucciolo, il cucciolo in realtà arriverà a breve, maschio inaspettatamente, il genitore del genitore, avo, vovo, vozinho... recito al caramello mentre la bavarese fugge, dipingerò le stanze e sarà meglio, altro che feng shui, giro in planetaria, distribuisco auguri, mangio, dormo, mi faccio una corsetta, tiepido ricordo del tramonto sulla braccianese, reggo il moccolo a me stesso con dispensa dalle visite, triste solitario y final.