25 dicembre 2011

E' andato anche Giorgio...

Panettoni a puttane, come fortune smarrite, cicli della luna, non per niente il re è sovrano, e resta in attesa ch'io sia pronto, maledetta fottuta tosse e quest'ennesimo natale che non mi appartiene, di questo ne faremo briciole, o coriandoli... come maglie glutiniche spezzate, timidi segnali, e quel cazzo di tappo che va in pezzi, fradicio di vino, che trasuda testimoniando che il prezioso nettare è andato, perduto, ma mi si dice che sia io a non saperci fare... già facevo fatica di mio ad accettare le imposizioni, adesso poi... tutto scivola comunque, i miei bronchi urlano giustizia tra il fumo assillante, esasperante, qualcuno proprio in queste ore giace in ospedale operato di tumore al polmone... le disgrazie e le esperienze degli altri non servono mai a niente... in egual misura, ed è inutile appellarsi. Jobs, Evora, Russell, Zevi, Hitchens... quelli che ricordo in quest'anno funesto e proprio oggi anche Bocca, che mondo sarà quello in cui resteranno vivi soltanto i farabutti, ignoranti, amici e figli di papino... per fortuna non ci sarò più neanch'io. Il vecchio è allegro e vivace, le carte girano e i porti prosperano, meno in quel di Santiago, e chissà che non si decida insieme un'ultima volta, un gesto di ossequio e considerazione, magari quelle empanadas di Castro stavolta le mangeremo e non le lasceremo sotto il letto in balia degli strabuzzi... vorrei chiedermi tante cose e trovare poi le risposte, alcune in verità già le conosco ma evito di pormi proprio quelle domande... continuano sulla mia testa rumori frenetici, sedie e mobili trascinati, un rito che si ripete uguale tutte le sere, non capisco... sarà stata troppa uvetta o la madre inesperta, saranno state le mie mani o doveva andare così, in un pomeriggio bagnato con le nuvole che si inseguono, il mio raggio di sole racchiuso, rannicchiato, lo rubo per un attimo e lo tengo tra le mani.

23 dicembre 2011

Non ha senso

La sfida, la gara, ci si è allenati, con costanza, impegno, non si sa chi ne uscirà vincitore, ci si guarda nello specchio ed ecco il viso del nostro avversario... chissà quali tattiche, quali strategie, eppure si dovrebbero conoscere... strali, indicibili, insensati, perchè? Perchè si lanciano sapendo che chi li riceve non potrà difendersi, non potrà controbbattere, resterà muto, inerme, e basito, le domande non dovrebbero essere poste se consideriamo solo le nostre risposte, non c'è il contradditorio, l'avversario, perchè tale parrebbe, non può dire nulla, è obbligato a tacere e a cercare di capire perchè queste sfuriate, ingiustificate, sulla cima più alta, un grattacielo di mille piani, e la caduta rovinosa, senza tema di smentite... chi lo accetterebbe passivamente? Soltanto chi continua a crederci relegato negli abissi

20 dicembre 2011

E poi di nuovo il sole

Sassicaia, sì, o un più modesto Bacca Rossa, nel calice gonfio e lo stelo lungo, il colore rubino e i riflessi, indiscutibilmente il colore della Senna... Parigi, le luci, i colori, lui adesso balla da solo, può perpetrare all'infinito la sua danza, lei ha preso un'altra strada, la segue da vicino, la tallona, non serve e non servirà, l'Île de la Cité, l'Île Saint-Louis... chissà cosa avrà pensato della mia relazione il buon Collovà, la Grande Arche... le tensostrutture e il vento... quel vento che penetra le mie ossa, e il monumento ai caduti del Basile, sbeffeggiato, deriso... mon dieu (nell'accezione "mamma mia"...) che cosa mi passa per il cervello? cosa mi passava tanti anni fa, quando ancora tutto era da fare... voci, tepori, un vetro appannato, sguardi furtivi, le mani, e ancora come dire, ancora come fare, che coincidenza il pensiero fuorviato, il cielo si è placato e la mia gola in fiamme, la necessità, il bisogno, il desiderio e la voglia, seguo il mio istinto, vituperato, abusato, esausto e esanime, piccoli segnali di ripresa, le patate sul fuoco e il pane nero, non servirebbe gridare, non serve agitarsi, è un altro anno, e sono giorni, tempeste che arrivano e poi si placano, la crisi, il buio, e di ben altre sofferenze e poi di nuovo il sole.

18 dicembre 2011

Lievitati

Le grandi finestre lasciano filtrare un vento a tratti gelido, osservo il paesaggio, stancamente, niente sole, scrosci di pioggia sui lievitati, mi lascio andare sulla sedia con la testa tra le mani, ripercorro lentamente la salita con in mente un ricordo nitido e contrario, mi volto alla mia destra, guardo dietro, eppure era qui fino a un momento fa, mi dico che il tempo passa portandosi via consapevolezze e parte della mia capacità intellettiva, osservo silenzioso mani che si agitano e planetarie rumorose, osservo come un fantasma, la mia fedele nikon immortala i passaggi per quando tornerà la voglia, le luci, il grottesco babbo natale appollaiato, la tavola imbandita e la mente altrove, rubo il tempo ai desideri e alle coincidenze, e so quel che voglio sapere, trovo il tempo e la forza per deliziarmi delle leccornìe di mio figlio che mi regalano una notte insonne, mi agito, mi sveglio, un solo pensiero e anche oggi si va in scena, di panettoni e pandori e la mia pasta madre che non somiglia neanche lontanamente a quella di Adriano e Paola.

16 dicembre 2011

Ma ci sentite da lì?

Un bel calice raccoglie gocce intense di rubino, la lotta impari sfinisce, lenisce i dolori la parola, anche quando le librerie si stancano e negano la visuale, fragile, cartilagine, e quelle verdure biologiche, non dovrei bere se poi le parole scivolano, lenzuola, cuscini, tra due mesi dovrò cambiare, almeno, il ferro da stiro e la lavatrice, grondano, rimbombano, suadenti, accecanti, le parole, il bisogno delle parole, come se fosse, il vino ritempra, sento il calore, tale, quale, calci, calcio, vinco, pensieri e parole, solfeggio, fraseggio, memorie più grandi, la foto, quella del mio ultimo anno, la foto di gruppo, un gruppo nutrito, due, bevo e iatale, ferale, letale, il parassita morde, non demorde, concorde, litanie, nostalgie, come dire, invertire, un lampo, un fuoco e poi la notte scende, il sonno, la ragione e i mostri, come poter dire, come poter fare, scatole, pentole, due uova al tegamino, meglio un branzino, la pasta al sugo, ecco, di quattro cose imparate e la mia cena solitaria, di mille sensazioni, la macchina lontana, camminare, volteggiare, roteare, il pulsante a destra e la testa nel forno, di farine, di cereali, integrali, manuali, grido, il più bello spettacolo prima del week-end, ho voglia di abbracciare mio figlio, il mio nipotino, il desiderio di quei soli legami, e quei miei amici, due o tre, parole spese, e quei gesti che non si vorrebbe dimenticare, e l'esigenza di dire, confermare, dimostrare, nel frattempo i bambini dormono, i calici si vuotano, tiro le mie pietre e sembra immenso quel deserto, passa lento, freddo, alle ossa, alle mani, segni, spazzatura, plastica, e ancora lavatrice, e gli italiani d'argentina, ma ci sentite da lì?

15 dicembre 2011

Viaggi nella mente...

Alejandro, racconti e favole, apologhi... tutti belli diritti i piatti si fanno compagnia tra le carte e il buio di una grande scatola, forchette e coltelli si alternano e vigilano silenziosi... volute di fumo per l'ultima volta al soffitto rosso che già di un colore più vivido e lucente, è ancora lì la casa del mio amico, per qualche giorno ancora, e il ricordo del pesce fritto inaugurale e delle risa e dei pianti e dei soliti cinque minuti e non di più di chicche regalate a noi profani, forse davvero poche cose contano nella vita... qualche litigio, a volte, ma le risate liberatorie e i pasti consumati insieme ai calici di vino non si dimenticano, si vacilla ma non si cede. Inception era il titolo che mi mancava, accidenti alla memoria, più o meno la trama era quella, il viaggio nella mente...

14 dicembre 2011

Stasera si recita a soggetto

Il solito mal di testa, i postumi da solfiti tra i bicchieri avvolti sempre nelle stesse notizie e le scatole che arrivano quasi al soffitto, "dov'è la casa del mio amico?"... ma è un bel parlare, sono racconti e risa, rivendicazioni e analisi della situazione attuale, ci vorrebbe un mitra, altroché... perchè mai la crema di ricotta si è modificata diventando liquida? Dove sarà l'errore?... il segnale acustico arriva inatteso e sorprende piacevolmente, immagini si sovrappongono lasciando un sorriso... dietro le quinte non ci sono tremori, ci si ripete il copione e si analizzano le parti, mi è toccata in sorte la stessa, conosco le battute a memoria, ma stavolta credo che reciterò a soggetto, andrò un po' a braccio, improvvisando, rispondendo a tono alle battute altrui e cercando, per quanto possibile, di rendere un'ottima interpretazione e non deludere nessuno, intanto le figure si ripetono come le notizie e ci avvolgeremo i piatti, sperando che nessuno vada in frantumi.

13 dicembre 2011

Cuccìa

E' così che va per il momento, il cibo mi lega alle sensazioni, alle emozioni, il vapore che si spande per la cucina, il calore della pentola avvolta nella coperta, il grano tenero gonfio di acqua attende di tuffarsi nella ricotta dolce e i pensieri scivolano, come le luci che piano piano prendono vita nella strada e ci regalano i nostri visi stupefatti, le mani, la voce, l'abbraccio, le lacrime, la disperazione, non saprei come dire, come spiegare, le paure, i timori, non sappiamo nulla, non sapremo nulla, la vita scorre neanche tanto lenta e ci specchiamo nel viso dei bambini ed è tutto irrimediabilmente perduto, senza appelli, senza nuove possibilità, era una sola la vita e ce la siamo giocata, potremmo sperare in tempi supplementari, ma sono un'utopia e verremo comunque gelati dal golden gol, e allora non facciamo che prenderci in giro, piccole manovre destabilizzanti, spandiamo del fumo cercando conferme che poi a volte neanche arrivano, com'è difficile cercare le parole per spiegare qualcosa che non possiamo dire apertamente, per evitare che si fraintenda o che ci si senta coinvolti a torto, giriamo tra le parole, piccoli sotterfugi, escamotage, poi la vita prende il sopravvento e ci lascia senza parole.

11 dicembre 2011

La luce dall'alto

E' la luce dall'alto che cade a pioggia, la mano che cerca di schermare le lacrime che non scendono, il buio e il silenzio, la pioggia che non arriva e il termometro che sale, tira un'aria strana, pervasa di emozioni, rituali mistici, il profumo del pane nero ancora addosso e la mano alla bocca, di che cosa parliamo, la voce irreale, la musica e il cellulare, occhi nel buio, quella profonda tristezza celata che vuole comunicare e non trova le parole, i chiari segni di una condizione, di un'altra vita, scenari si moltiplicano con un unico finale, restiamo ancorati ai sogni, tremori, tepori, ci sarebbe da dire, ci sarebbe da fare, quello che vorrei dire, quello che vorrei fare, le luci si dissolvono lentamente e diventano un ricordo, cammino non voltandomi indietro e rifletto, la ceramica resta avvolta di una patina che non và via, ostinatamente provo a graffiarla ma non cede, consumo il mio pasto leggero e spengo le luci, nessuna parola, pensieri, mi rituffo nelle atmosfere di Baires cercando conforto, lunghi giorni, lunghe notti, attese e poi chissà.