29 gennaio 2012

Aspiro, sapore, odore...

Assaporo, lentamente, il matiù infonde calore, lo gusto, sapiente, convinto, me ne riempio, ingordo, voluttuosamente avido, non lascio cadere una goccia, inglobo, aspiro, sapore, odore, colore, alle mani, alle dita, alla voce, ai capelli, intriso, pervaso, col cioccolato e con pane nero, di cotto e mandorle tostate, il profumo, il desiderio, le prospettive e le assonometrie, spaccati e sezioni, di vita, di umori, della parete urlante e lo sguardo severo, di francesismi e volgo, infilzati culi all'aria e riposi forzati, di gocce e tepori, sentori, vapori, di glasse e grasse, contorte, conforto, di spari improvvisi e slanci maestosi, illuminati alluminii restituiti, musiche d'ombra e frasi troncate, al viso, al riso, è di ricordare e sopportare che si fa fatica.

23 gennaio 2012

E andiamo

Stringo tra le mani il drappo rosso, la fronte imperlata, mi faccio largo tra le onde tumultuose di vere piume, non mollo mai la presa, non potrei, vorticosi pensieri mi agitano e si contendono ora i sogni, ora gli incubi, litigo in maniera decisa, rispondo a quelli che mi appaiono oltraggi, alla libertà, alla dignità, non percepisco le risposte, vedo le labbra muoversi freneticamente, ma non sento, l'immagine in dissolvenza e il cambio di scena, che stupido giudizio affrettato, non sapere leggere tra le righe e appropriarsi di una storia che non ci appartiene e soprattutto non si conosce, cancello, rimuovo... "Cambia lo superficial, cambia también lo profundo, cambia el modo de pensar, cambia todo en este mundo..." restano le parole scritte, il consenso, il bravo, fa piacere e rende merito, e andiamo.

20 gennaio 2012

Che non si può evitare

Picasso o Toulouse Lautrec, emozioni che si rincorrono, riconoscere stili e nomi, le storie di vita, le donne, l'alcol, l'arte, riverbera negli occhi, trasla nelle mani, sono sensazioni e attimi, lucida follia e parafrasi dell'arte, al velluto rosso e le pareti bianche, volerlo dire è stato così semplice, puro, sentito, trasmesso, "io pure credo" e le immagini di una Parigi anni venti scorrono come la pioggia che ci bagna, intersecare, allacciare, condividere, correndo e scansando, calore, motore, di qualcosa che non si può evitare, le coppie di anziani al pomeriggio nel rifugio dell'ultimo giorno, ma anche di raggi di sole al viso e la pelle, ricordi che affiorano, similitudini, le sensazioni perdute che si manifestano e lasciano sgomenti, le strade, i risvolti, coincidenze, il passato che torna e l'angoscia del tempo, il coraggio della riconciliazione con se stessi, il cinema e i sogni, tutto quello che non si è mai avverato, un treno, un viaggio, dormire ancora in quel sacco a pelo a due passi dal mare, il desiderio e la delusione, la sofferenza e il dimenticare, quello che è stato e quello che sarà.

18 gennaio 2012

Di quel libro

"Los pájaros de Bangkok" è uno dei libri nei ricordi di Valerio, singolare che Manuel Vázquez Montalbán sia morto proprio all'aeroporto di Bangkok... non si trova, o meglio si sa dove sia, con la sua polvere, l'usura del tempo e la consuzione tipica del maneggiare, non tornerà se non forse in riedizione magari con una diversa veste grafica, sono dolori, inspiegabili, ma dolori, anche fisici a volte, di qualcosa strappato, trafugato e che non ci verrà restituito... è il tipico dolore che assale quanti si accorgano di una perdita, una mancanza, è affanno che toglie il respiro e danna l'anima perchè non c'è risposta, un incauto affidamento, un prestito estorto, dettagli che non affievoliscono il senso di perdita, non serve che si torni in libreria, non si avrebbero le macchie del tempo, le impronte, i segni e le eventuali annotazioni, le pagine sdrucite e le orecchie agli angoli, difetterebbero il vissuto e le emozioni, sarebbe per sempre un'altra cosa, e la soddisfazione intima, celata, il piacere del possesso, svanirebbe divenendo negazione, alterandone il senso e mettendone in dubbio persino l'esistenza, le gioie provate e i benefici e salutari strascichi.

17 gennaio 2012

Sognare, partire, matiù

La mano gela al cellulare, cammino veloce, quasi corro, lampeggianti blu, le auto bloccano la strada e la gente impazzisce, il cuore morde e la voce strozzata, presto che pochi attimi rubati regalano adrenalina e qualche anno... stavolta il discount chiuderà senza di me e il nettare finisce e grido e corro e ancora, le mani, il viso, la fretta, la bidella, luci che si spengono e te l'avevo detto, ora cosa resta? ho bisogno del bagno e corro, ansimo e i carciofi in acqua acidula e il pandoro, stampo, caratteri, e totò? Peppe mi guarda incredulo con la busta gialla, l'ennesima, è la mia vita, almeno per adesso, grido, strozzo, prete, cibo, il parmigiano e l'ungherese... non è andata, e adesso basta, pollo, patatine, non posso, non ci credo, ansia, stress, è il caso di leggere in fretta, trasudo, tracimo, prendimi, è tutto quel che resta, curry ai miei carciofi, reciti dal letto sulla via del sonno, piccoli pulcini agitano e spilluccano patatine fritte, acidi e veleni, voglio fermarmi, accompagnare sguardi, sono il personal chef, rigido, enigmatico e pragmatico, osservo e taccio, altri corsi, altre vie, rispondimi inquietudine, esalto movimenti, respiri, sospiri, auto impazzite e corse vane, telefona, afona, raccogli, io sono qua e il tempo fugge, ricotta fresca e letto di carciofi, Valerio e la pasta, Brasiu, andare che è ora, sognare, partire, matiù.

16 gennaio 2012

Al forno...

Nessuna parola, apparentemente, nessun colore, eppure gli attori fluttuano leggeri nello schermo e attraversano il tempo... profondi, intensi, bravi, decisamente, è una bellissima sorpresa e alla fine sono veramente contento di esserci andato, e di nuovo mi cimento, non si debba dire che ho rinunciato... attendo esiti e sentenze finali. Non c'è la mia amica del Venezuela, al suo posto un ragazzo ugualmente bravo, becca subito la vena e le provette si colorano del mio rosso... vorrei fosse sempre così, con quel sorriso raggiante, gli occhi che brillano e quell'inaspettata allegria, contagiosa, sincera, bella, vorrei non finisse mai, vorrei sentire sempre così, quante cose vorrei e non mi è dato di avere... accontentarsi è il segreto, anni di studio, di applicazione, molti non saprebbero, non potrebbero... chiudono in fretta i negozi, chi l'avrebbe detto, il tempo scivola sempre in questi frangenti e non si riesce a fermarlo... è anche mia la colpa e non dovrei, c'ho un'età... scorre ancora quel rosso corvino, il calore mi pervade e il climatizzatore a palla, la lucetta nel forno arranca e infonde calore all'ennesimo lievitato, sbobbe e ranci, rancidi, infidi, assaggio non assaggio, rimesto, condisco, aggiusto, le tostate salate mi renderanno la vita difficile e ancora è presto per esultare, ricorda cosa è capace di fare l'altra metà del tuo cervello se solo gli si lascia spazio e tempo... tentativi, della serie riusciranno i nostri eroi... loggioni, portoni, nascosti nell'ombra, poltrone o platee, proiezioni private in orari impossibili e inviti ristretti, che due è il numero perfetto, farro e bietole e sapore di vittorie, brividi, ancora, non è il freddo del mare d'inverno ma poco ci manca, alzo il bavero e stringo il giubbotto, per un attimo l'immagine rimanda il profilo inatteso, sorpresa e sgomento, paura, forse, la consapevolezza abbraccia la stoltezza e vanno a nozze, tuffo il cucchiaio e brucia il palato, un'altra notte insonne e zucchero al velo.

12 gennaio 2012

E sorrisi, sguardi e pianti

E sono mani, gesti, afflato, urla, braccia, gambe, è sudore, è lavoro, è il motore, il rombo, sono fari, cavi, e sedute, alzate, è paura, timore, tremore, sono giorni, mesi e anni, e capelli, pelle e sguardi, luce fioca, buio, lampi e suoni, è la musica, il canto, la danza, è l'attesa, la rabbia, la stizza, sono incomprensioni, liti, oltraggi, viaggi e ritorni, è la noia, la malinconia, il rimpianto, sono giorni, mesi e anni, e ricordi, e rimorsi, e dolori, tristezza e pianto, è la festa, ridere e urlare, ricominciare, dimenticare, e sono mani, gesti, sospiri, respiri e battere del cuore, dare non dare, aspettare, reclamare, tentare e rinunciare, è lavoro, sudore, riprendere, andare, sono giorni, mesi e anni, è la vita nell'incognita infinita, e sorrisi, sguardi e pianti.

11 gennaio 2012

Aroma di caffè

Il video rimanda le immagini del colon, il mio colon... sento la sonda che si fa largo e mi perdo tra i pensieri, l'infermiera che mi ha distrutto il braccio col catetere preme il mio addome, la detesto... il medico è in gamba per fortuna e mi spiega come meglio non si potrebbe, dura poco è sono fuori, niente sedazione e posso deambulare tranquillo, non mi resta che attendere allo sportello per vidimare la richiesta medica esente ticket perchè lo Stato ci tiene ai suoi cittadini in regime di prevenzione oncologica... sessantadue prima di me, ci metto più che l'attesa e l'esecuzione dell'esame, ma è così che funzionano le cose, avrebbero dovuto dirmelo prima in modo da mandare qualcuno a prendere un numero... è la sanità bellezza, benvenuti in questo mondo... altro giro altra corsa e ci siamo di nuovo, il reparto geriatria mette tristezza ma mi regala alcune perle, le persone anziane sono le uniche che sanno ancora cosa sia l'educazione penso, la signora che mi si avvicina zoppicando, problemi di udito e difficoltà di linguaggio mi ringrazia con sincero trasporto quando le svelo che il medico che lei cerca ha cambiato stanza senza avvertire nessuno e men che mai apponendo un cartello come sarebbe stato normale... dopo la visita mi trova ancora in attesa e mi dice che è andato tutto bene e mi ringrazia ancora, sento una stretta al cuore... l'altra signora sulla sedia a rotelle mi sorride, ricambio prontamente, lei attende con pazienza il suo turno, ha due occhi belli e profondi, mi perdo un'altra volta tra i pensieri, mi sento destinatario di qualcosa che mi sfugge, come se le persone avessero bisogno di conforto e vedessero in me l'unica persona presente e disponibile... e in effetti sembra proprio così. Una donna un po' più giovane, si fa per dire, mi racconta delle pillole e dei giramenti di testa e della nausea e le cefalee... aspetta il medico per farsele cambiare... un'altra gira per l'edificio dalle sette, sono le nove, non trova un cristo disposto ad aiutarla, avrà più di settant'anni e lo sguardo disperato, cerco di fare il possibile e mi ritrovo in un universo sconosciuto nel quale tutta questa gente è abbandonata a se stessa, guardo mia madre e penso che sia più fortunata, se non altro noi figli siamo sempre presenti... la vecchietta in farmacia mi passa avanti, è solo per sedersi su una panca, si premura di sottolineare che non vuole passarmi avanti, è solo stanca, ha gli occhi dolci, un'altra stretta al cuore, se potessi andrei in giro a prendere turni in ogni dove, numerini, prenotazioni, le terrei in caldo per loro, sono tutti soli, nessuno li accompagna, sono così gentili, così reali e così consapevoli... raccolgo il biglietto caduto e lo porgo al signore davanti a me, non la smette di ringraziarmi... è una giornata così, come può accadere a tanti, mia madre si stringe al mio braccio e il medico per fortuna è gentile e preparato, capita a volte che ci si ricreda, non è convinto e ci manda in radiologia, vedremo in seguito il da farsi... fuori il freddo non mi sfiora, c'è il sole in cielo, l'auto non è molto vicina ma proviamo a fare due passi, l'aroma di caffè che mia madre percepiva in ospedale ci impone una fermata obbligatoria al bar sul nostro cammino, vuole offrire lei, dice che altrimenti il piacere sarebbe dimezzato... gustiamo con calma le nostre "sabbie mobili", così come li definirebbe mio padre... gli anziani, che ricchezza, per un attimo mia madre si sofferma ad osservare la via, alza lo sguardo e sembra cercare qualcosa tra gli edifici, tra i balconi, ho posteggiato proprio nei pressi della sua prima casa da sposina... immagino una lacrima e tanti ricordi... al semaforo un ragazzo in motorino cerca di passare sulla mia destra ma non ci riesce, lo guardo e gli faccio cenno di aspettare, con una piccola manovra riesco ad aumentare lo spazio, si abbassa a guardarmi e mi ringrazia sorridendo, va via a zig zag tra il traffico... torno indietro con i pensieri e mi dico che allora anche i giovani, e che, sì certo, forse...

8 gennaio 2012

Di cacao e nocciole

Di gas acre l'odore si perde nello specchietto, anch'io l'avrei tenuto girato, anch'io avrei guardato con avidità, ma sarebbe finita in un modo diverso... quindi è un avverbio ma nel mio caso una congiunzione che sollecita una deduzione... l'ora d'aria svanisce e la mia porta si chiude, il solito freddo mi prende, perchè in Spagna o in Argentina usano il cotone?... cancello nomi e sottolineature, numeri e indirizzi, mi soffermo su quelli più vecchi, su quelli di cui non so più nulla... scivola il mio tempo, il secondo direi, sarebbe da oscar al di là della nomination, e poi è troppo uguale, non credo si possa dire ma mi serve... contenitori celano e disfano, in un susseguirsi di parole, l'alternarsi delle condizioni, ma non si cancellano certi passaggi, resta sempre qualcosa a ricordarcelo, ermetismo di facciata, per chi è buon intenditor... lanuggine ad un altro stadio giace tra le pagine, raccolgo di tanto in tanto, sorpreso e divertito, un sole pieno allieta una giornata sorprendente e inaspettata, sapore d'Ungheria, al ginocchio o poco più, audace, verace, pelle nera che quel grigio scamosciato è incline all'acqua macchia e sbuffa, niente vino, mi raccomando, è l'ultima sera e poi il digiuno triste annunciato, povero pane madre al freezer e dolci negati, basterà, si aspetterà per poi tuffarci in quella crema di cacao e nocciole, a cucchiaiate e dita e specchietti ritrovati.

7 gennaio 2012

Poi si riparte

Brillano alle palpebre tra luci riflesse e paillettes, lustrini e nodi, flash, immagini alla mente, suoni disperanti, valvole fumanti, pandori riluttanti e quel negozio non apre mai, miriadi di calzature si inseguono nell'aria lasciandoci scalzi, dolore e abbandono, brividi, freddo, la  mia vita di uomo che recita consensi in attesa di parole, stella a otto punte celata, negata, ennesima fiondata, un raggio nella notte, Anne Hathaway non saprebbe immaginare, nel suo incedere incerto le tendo le mani, ancora aerei, ancora sogni, e cosa saprei immaginare io? Stefano mi accompagna nel silenzio e salto con lui nella tana del coniglio, anche questa volta è andata, come sempre, tra le mani il rosso rilucente elastico riempie vuoti di parole, occhi umidi di pianto inconsapevole e lo stomaco urla, incanti, tepori, nuovi colori, chiude la stazione nello stridio di freni dell'ultimo convoglio, torna a casa il capostazione col volto stanco e gli occhi arrossati, una sciarpa al collo e il suo inconfondibile cappello, ascolterà domande alle quali non saprà rispondere, la notte scenderà lieve, frugale il pasto e mite il sonno, tutto ricomincerà allora e niente sarà più lo stesso.

3 gennaio 2012

Come passa il tempo...

Le mani, le sue grandi mani, e mi disse un giorno che nelle sue mani ritrovava quelle di suo padre, è successo un po' anche a me, ma mi rivedo in lui in certi movimenti, in certi gesti e a volte mi lascia attonito, altre spaventato, quando non ricordo le cose, non ricordo i nomi o i volti e lui che non mi parla più... penso a mio figlio, se anche lui, e poi Diego che adesso bello bello mi sorride dallo specchio, paternità negate, voglia di tenerezza, un altro figlio mai arrivato, le cose importanti della vita, la malinconia e il tempo che fugge, come le grandi tapparelle e le mani tremanti, come vorrei regalarle un'altra possibilità o magari un alza tapparelle elettrico... Cuba, nei miei sogni di ragazzo e il Che e Fidel e adesso lei va lì con un'amica, invidia secca... tra i capelli neri un bagliore bianco, sudore di palestra e vapori, la borsa, e la musica al mio falso iPod... Venezia ancora nel cinema e nell'arte, ricordi, perenni, intramontabili, e la tallonite e l'arrancare tra nebbia e pioggia, quell'amore dimenticato il passo leggero della francese accanto e il finto mago e la sua musica straziante, Genova per noi che ci lavavamo nel mastello di ghisa e la lampadina fioca, easy rider dieci anni dopo, e Firenze prima della fine, il gilet e il cappello texano, gitanes e gauloises e marsalino... le differenze di una generazione, tra i suoi bicchieri e i miei, quel politeama vini e i miei negroni, la vista che si annebbia, barcollare e non sapere più nulla, incontrarci per caso in libreria e scambiarci quei libri, le parole che si dicono e quelle che non si diranno mai.

2 gennaio 2012

Dolcetto D'Alba

Alla fine quel che doveva è stato, i lievitati e le bollicine, la notte dell'ultimo dell'anno, i miei pensieri vaghi e lo sguardo di mio padre, il primo pranzo e lacrime, poi la luce finalmente spenta, bastava pigiare un pulsante... dolcetto senza scherzetto, il calice e la mano, alcune volte ed io guardo silenzioso, aspetto, il manzo ganzo ritorna nel ghiaccio, la scarpatura e la canaletta, scarichi audaci si riempiono di baci, rosso vivace, bronzo di riace, umbriatico era solo un paesino calabrese ma io ero strafatto, ubriaco perso, languore, fame, ho già cenato ma non mi placo, un tempo flaco oggi la panza, quindici giorni senza corsa sono tanti, la gola brucia e bruciano le parole, d'alba dolcetto, metto l'elmetto, non servirà, l'ogiva penetrerà il mio cervello, tonfo, sordo, come io sono ormai, finisce il vino ne berrei un tino, il panettone, freddo glaciale, mani incrociate, non voglio dirlo, pelle rovente, cuore assetato, non posso andare, non adesso, brividi alla schiena, freddo sudore, climatizzatore, tosse, raucedine, incudine, provaci adesso, sempre più spesso, le lunghe soste sorridono al finestrino dentro i fari arrossati, melafiona, american pie, le pere e il cioccolato, sporchi capelli risplendono come non mai nei sei cereali finalmente trovati, la ragazza della farmacia ride di me e del bambino sconosciuto che si nutre con tanta dolcezza, dolcezza di madre e ripete le parole e ride, io ascolto discosto, distante, nascosto, annichilito e vago, la casa è più grande, i muri dipinti di fresco, le stanze abitate e la cucina dimessa, mi specchio negli spaghetti al sugo di pomodoro e chiedo venia. Ho freddo stasera, tanto freddo, vorrei, non vorrei, ma se vuoi...