28 marzo 2012

Lo stesso treno

Forse più in basso a volte passa un treno, credo, il muro vecchio di quando lo osservavo dalle finestre dipinte di verde mentre i compagni si recavano in classe o ne uscivano esausti, di quel professore di francese minuto e severo, ed oggi è la luce e ci si guarda negli occhi dall'altro lato della strada, i cumuli di spazzatura ancora una volta ricolmano la carreggiata e di miasmi l'aria, dei desideri sopiti e di quel che abbiamo non basta, delle risate al lungomare sarà forse una foto sbiadita, un viaggio senza ritorno o al più tardi possibile, di schermi e tavoli, di mani giunte nell'impasto e un calice di vino, di chiacchiericcio intorno e vetrine colorate, di passeggiate, di un libro letto e amato riflesso negli occhiali, dei capelli corti e del sudore copioso nella corsa necessaria, dell'infuso di zenzero e limone, della farmacia aperta e sempre chiusa che mi guarda dalle vetrine e si domanda chi sono, un posto vietato ed un volto desiderato, del mio film solitario e la cena fredda, di quello spazio ampio diventato angusto tutte le notti uguale e del prossimo treno, del compleanno del vecchio e di un prossimamente a Milano, del volere vivere, inseguire e scoprire, assaggiare, nutrire, inglobare, del rosso amico che adesso detesto, dell'infamia dello stato che continua a scavare sempre e solo nelle stesse tasche, non si dovrebbe ma conta, eccome se conta, non importa e non serve ma conta, tocca a me, è il mio turno, vado che dopotutto mi spetta.

22 marzo 2012

Riposo infrasettimanale

Seguo il profilo al buio e di saperne scrivere, il sorriso, il riflesso, il tepore, le mani, l'odore di frittura e il pane azzimo, scorrono le immagini, poetiche, a tratti struggenti e in un sottofondo di musiche accattivanti, sussulti poi risa, proiezioni, emozioni, interazioni, la crema di panna e la granella di nocciola, come gli immancabili dolci allo schermo, certe condizioni ripetute, dell'essere umano, sfaccettature, della simpatia che non è classificare, dell'accettazione che è ben altra cosa, e dell'osservare, si rischia di catalogare, e poi il signore del piano di sotto o forse di sopra che si accompagna a illustri sconosciute e non c'è verso che si volti e magari faremmo prima a fargli un cenno, sembra mummificato ma ci spinge verso ovest, basterebbe una sola poltrona, ma è già una sola, bisognerebbe che ricominciasse, per l'incanto prolungato nel tempo, per non dovere restare soli, ci sarebbe da inventare e costruire, e le due donne lì davanti e dei capelli corti e del tailleur a cui manca solo una cravatta, colpisce la tristezza, non un sorriso, e anche dopo in auto, le vedo andare via senza allegria, e ancora del voler tornare indietro, si stacchino i biglietti, si prenda posto e che lo spettacolo torni a cominciare, del titolo che è una conferma del recitare accanto, ma è già scaduto il tempo, tornare indietro, smettere di navigare, ondeggiare e divagare, e gli odori, i tremori, vai oppure resta, di oggi che è già domani, e aspetta e come ti è sembrato, e lui che prima non mi piaceva, lo trovo maturato, ma no il regista, e le finestre vaganti alle mine di fronte, il pasticciere, pasticciato, posticcio e inadeguato, si pensa al prossimo e non mi chiedere, e fai questo oppure no fai quello, ne vado matto, arranco e annaspo e do di testa, e do di petto, e nel silenzio del mio letto aspetto, voli pindarici e incanti onirici, la voce agli occhi e poi la luce, odore di caffè.

21 marzo 2012

Titoli di coda

Patti in deroga, cedolare secca, l'alternanza, il candidato, le primarie, le primipare, le dissonanze, l'acustica, il paradosso, il paradigma, l'ovvio e il contrapposto, il contraffatto del contraente, il conducente, il conduttore, dei fili di rame e la spiaggia assolata, il tappeto, il rockettaro, gli indiani metropolitani, l'intruso, l'istigatore, fustigatore, castigamatti, l'altro, l'imbonitore, lo scassacazzi, il protestante, il protestato, l'attendista, l'apprendista, l'arrivista, la revista, tiene una revista que se llama la revista?... la misura colma, la dismisura, il panegirico, il pangrattato, il pane di ramerino, il povero bambino, il letto a tre piazze e l'opzione per la quarta, lo schermo funesto del mercoledì e il rinvio al giovedì, plausi in tutti i casi, crasi, l'apprensione sulla bici, l'oppressione, la cessione, fissazione, la finzione, l'immortale immortalato, fatiscente obnubilato, del per sempre relegato, in bella mostra il delegato, compri due non resta niente e ne gioverà l'assente, campo lungo, dissolvenza e titoli di coda.

19 marzo 2012

tutto scritto

Dei sentimenti che rimbalzano, e in venti minuti le lacrime inaspettate, ai libri e alle parole, i pensieri si rincorrono e la somiglianza fa male, soprattutto per il finale, ricordi, immagini, sensazioni, scorrono i frame, le lacrime rendono difficile la visione, sussulti al cuore, e malinconia che affonda nel gelato al cioccolato, struggente e insopportabile, e sembra così vero, sangue e asfalto e gli occhi fissi al cielo, devasta dentro e angoscia.
Si sceglie, a volte di soffrire meno, altre di farsi ancora più male, oppure il silenzio, la meditazione o anche il vuoto, è già una risposta, perchè non ci sono parole e non potrebbero essercene, ma era già tutto scritto, niente stupore, è primavera e ho mal di gola, e allora me ne vado a correre.

14 marzo 2012

Nella voce del mattino

I riflessi nelle vetrine e l'isola, testiere e testate, l'erba al muro che in realtà assomiglia più a chiome di alberi di una foresta in una visione dall'alto, il verde e il grigio, le lampade da terra al soffitto ma con le luci spente, il posteggiatore sparito nel nulla come la porzione di patatine fritte, urla e strepiti ad un passo per il re pallone, il ghiaccio alla sedia di ferro e nelle spalle di Momò, la cacciatrice di Santorino ha gli occhi che ridono e sfoglia gaudente le pagine del suo libro, timidi accenni e frasi smozzicate, la scuola, l'estate, le isole e gli agganci, quel professore morto come Franz e i ragazzini di oggi che parlano come automi, la pagnottella ripiena che appare un miraggio allo stomaco urlante e il rosso che sa di cioccolato di Noto, non cade una goccia d'acqua e le navi immobili, eppure si tratta di un varo e si festeggia a coca zero, come lo zero a cui ci si approssima e il ventiquattro appare ancora lontano... non resta che Doisneau e l'emulazione, si sente vibrare anche in lontananza, nei messaggi criptati e silenti, nel buio con i suoi rumori e nel ticchettio pressante e misterioso, nello specchio del caffè, nell'attesa del giorno, nella voce del mattino.

9 marzo 2012

Le cose accadono

Le cose accadono, si può rimproverarsi, si può prendersela con se stessi ma lo stato delle cose non cambia, l'amico che te l'aveva detto, i buoni propositi, la fermezza, la consapevolezza, ci sono cose che il cuore non intende, cose che vanno al di là, non c'è rimedio, ci si può ostinare e cercare di resistere, si può far finta di non capire, di non vedere, quando l'acqua sale avviene la tracimazione, gli argini non bastano, non serve opporre dighe, la natura fa il suo corso e la piena non la puoi fermare, come un cuore in tumulto, come il sentimento che ti attanaglia, ti opprime e ti soffoca, e più della chimica, dei segnali sotterranei, è qualcosa che ti prende e ti rovescia come un calzino, è uno tsunami, non lo fermi, non puoi difenderti, resti inerme e soccombi, e genera incomprensioni e sofferenze, e non avresti voluto, e vorresti che nessuno ne fosse coinvolto, ma non è mai così, la tua felicità passa necessariamente per l'infelicità di qualcun altro, e non puoi farci niente, semplicemente bisogna accettarlo, e passi i giorni col magone, soffrendo come un cane per il dolore inferto, per le sofferenze riflesse, e ti dici che puoi farcela, che puoi rinunciare, che farai un passo indietro, ma è la tua occasione, la tua rivincita sulla vita, sulle tue convinzioni marcite nel tempo, e passano i giorni e senti che cederai, che il terreno sotto ai piedi non ti regge, e cadi e cerchi di rialzarti, ma i giorni non ti aiutano, il tempo non ti aspetta, e cadi, rovinosamente, e soffri, e pensi agli altri ma il tuo cuore urla e non vuol saperne, e allora pensi che doveva accadere, che la vita va come deve andare, molli gli ormeggi e navighi a vista, tra tempeste e uragani e poi il sereno e poi ancora tempeste, e urla e grida, e sentimenti gocciolanti, e rabbia e clamore, e gioia e amore e lacrime e tormenti, il cuore che ti scoppia e la testa che duole, e non puoi rinunciare, non ce la puoi fare, e diventa bisogno e diventa dolore e infinito amore e non t'importa più nulla se non guardarti allo specchio e vederla e sentirla, le stesse emozioni, gli stessi sentimenti, le stesse lacrime, lo stesso amore.

6 marzo 2012

Forse vado

Sta tutto qui, nella possibilità di scrivere tutto e il suo contrario, alti e bassi, stretti e larghi, con annesse le istruzioni per curare il dolore dell'anima... la saggezza di corpo e mente... la corsa liberatoria, appagante, ma non per tutti... dalle arance che non necessariamente esclusive al perchè essere felice se puoi essere normale... passando per lo stress esautorato e dovunque tu vada ci sei già... parole libere, flussi notevoli di lettere in fila, sparse e giocose, poi si è sempre in tempo per l'incubo ricorrente, corsi e ricorsi, chi vuol capire capisce, ciò che neanche chi scrive... chilometri e sole, venticello, sudore, penso, rimugino, rivango... perchè non si può dire in libertà quello che si vorrebbe? Perchè lasciare scorrere il tempo, il pentimento in agguato rende sterile le prove... vorrei andare, forse vado, aspetto ancora un po', di che lingua parlare, di che costumi... arrovellarsi è inutile, anche controproducente forse, intanto il lavoro marcisce nel nulla più totale in attesa di risvolti, riscontri, insediamenti, trapassi, trasassi, compassi e compattatori... io mi illudo di vedere la fine del tunnel e mi crogiolo nella sensazione di comunicarlo e convincere chi mi sta accanto.

5 marzo 2012

Carta straccia

Sfilano, certi, sicuri, sono gli anni che vanno via, implacabili, incessanti, il tempo non ti aspetta non ha tempo, le decisioni del cuore diventano improvvisamente carta straccia, buona al massimo per la carta pesta e il camaleonte senza zampe, a sbagliare ci sarebbe tempo ma la regola non vale in tutti i casi e questo più che un caso parrebbe un casino, i sogni generalmente si dovrebbero fare mentre si dorme, quelli ad occhi aperti non valgono, non fanno testo, al massimo qualche disegno nell'aria, tolgo il chiusino e l'acqua prende lentamente velocità in un gorgo concentrico che si porta via timide illusioni, resta il bianco sulla barba e i radi capelli, per la prima volta dopo anni sento che non so dirigere più l'orchestra, i musicanti non seguono nemmeno lo spartito e il pubblico si agita nervosamente, forse chiederanno un rimborso, forse sarà un fallimento, di certo l'ultima rappresentazione.

3 marzo 2012

Il tempo segnato

E poi si stringe tra le mani il frutto, o quello che si crede tale, appiglio necessario per non scivolare nella follia, cercando, bramando, tremando, stupore prima orrore dopo quando lo si credeva perduto, tuffo al cuore e sollievo, era soltanto smarrito agli occhi e alla mano per un breve tratto, e di simile fattura, contrario e uguale, nel sentimento e di pari follia forse, ma un gancio è tale e serve, di ceci riluttanti e pane all'anice, urla sul viso e paura, e poi si cede, nessuno può permettersi il giudizio nè tanto meno un consiglio azzardato, chi è fuori non capisce, non può, forse altri sentimenti generano e l'invidia e la cattiveria, in pantomima danzante, un solo dolore vero e da rispettare, una mano tesa che non sortisce effetto, nulla può, potrebbe, potrà, non c'è rimedio, nessun prodigio, nè santi protettori o vendicatori, quello che sente il cuore nessuno può udirlo o modificarlo, e due è sempre meglio di uno, gli uccelli della solitudine alti nel cielo non depositeranno le loro uova di pietra nel cuore di nessuno, fa capolino il sole e in sequenza una strana nebbia, le piste deserte e buie conservano il loro segreto, corro tra i sentieri, il cuore in gola e le canzoni di Dalla in testa, è andato via anche lui adesso, groppo in gola e lacrime, per il tempo segnato, per il tempo passato, non più la pelle mangiata alle dita scarne, il volto sofferente dello stress e lotta e insiste e non si lascia sopraffare.