20 giugno 2012

Sempre Marilyn

Il rock si perde al finestrino, tra le luci che inchiodano e l'aria che rinfresca, la passione, le ultime immagini suadenti e il blues, le lacrime di Marilyn, titoli di coda, bisognerebbe fermare gli attimi, inglobare sensazioni in bolle perpetue... l'asfalto si ricopre di polvere, le luci della città, la birra gelata e il giro della piazza, la pizza di ulisse schiacciata con il ricordo della bufala e i ciliegini sbiaditi, il sapore perduto del cornetto di algidiana memoria, ma è solo un mio pensiero, una mia sensazione, i miei tempi che sono solo miei, gli anni trascorsi al camillino da cinquanta lire o le torridi estati al motorino e il croissant imbottito di gelato al caffè che scioglieva sulle ruote e Renato che correva, le monete barattate e i francobolli volati via... il piatto triste tra spruzzi di olio e balsamico, il pane di kamut e avena, sguardi coordinati, intese, il silenzio al buio del divano e i pensieri altalenanti, esagero, mi capita, le scuse non servono, basta capirsi, è solo un gioco, uno di quelli che scivola nell'incomprensione e genera litigi... pochi minuti esclusivi, svincoli, transenne, percorsi obbligati, la schiena, il braccio, quella pillola e il mio medico distratto, è sempre un altro giorno nel fluire del tempo, lo stillicidio prosegue com'è normale che sia, io e quelli come me non crediamo ai miracoli.

18 giugno 2012

La mia terra

Il cigolio delle pale al soffitto solletica la mia immaginazione osservo le zampette all'aria della blattella germanica, la stronza ha scelto di morire lontano dalla tana, non è un bene considerato che una volta morte si mangiano tra loro e col veleno ingerito si contagiano tutte... dettagli, in progress, at work... sento prepotente l'aria che tira da ovest... Fernando al caffè Martinho da Arcada, Lisboa, un sogno che forse resterà tale, on demand, hope is the last to die... Fumi, profumi, consumi, la liscia pelle e il rosso, odori, aromi, poemi, qualcosa recita e si muove silenzioso, tra le pieghe nascosto, colmo di sensualità e audacia, chimico, fisico, sotterraneo, invisibile, tanto forte, preciso, diretto, allo stomaco, al cuore... il tram arranca in salita, lei tiene la mia mano e mi guarda negli occhi, oceano, più giù Sevilla e una lingua conosciuta, ritorno col pensiero, Diego, Brasiu... non riesco a staccarmi e le mani tese, affondo il viso nel cuscino della sua pelle, m'inebrio agli odori e canto piano, questa terra è la mia terra, attesa, voluta, desiderata, contesa e contestata... una cosa sola, indivisibile, le ali al graffio del cigno nero caduto, era perfetto, della perfezione della morte che ci sottrae al dolore, alla sfida, al successo.

13 giugno 2012

Deambulazioni

Il caldo a me piace, magari mi manda in pappa il cervello ma lo gestisco meglio del freddo... forse sono un po' nervoso, forse... magari è per via dei contatti inevitabili con le strutture sanitarie, poi per fortuna ci sono anche alcune cose che funzionano, le associazioni, l'infermiere assegnato a mio padre sembra in gamba, se non altro è educato e sa quel che fa, si prodiga in medicazioni e massaggi, infonde fiducia, anche mia sorella si rilassa, ne avevamo bisogno. Le notti si accorciano con risvegli anticipati, la luce è comunque già forte, lavo i piatti della sera, ero troppo stanco, i guanti si strappano e le garze aumentano... vorrei meditare di organizzazioni e viaggi che però non ci saranno, che mancano da tempo, che sarebbero necessari, fuori tempo massimo, e fkt per paziente non deambulante e non trasportabile... quelle banane piccole e dalla buccia rossastra, seduti sul ciglio della strada e i violenti temporali improvvisi... basterebbe anche una settimana su un'isola sicula... il senso delle cose, la voglia di staccare la spina, traslochi, di casa, di ufficio... e il pane perduto, il film andato, il vino versato... esserci o no, sapere o meno, aspettare, come sempre...le emozioni e i bambini, certo, quelle, quelle che vengono prima di tutto.

8 giugno 2012

Evviva la civiltà!

La seicento che guidava mio padre adesso la guida mio figlio, ma è intestata a me, il dieci febbraio mio figlio parte per il Brasile, l'auto resta posteggiata sotto casa... mio figlio rientra dal Brasile il trenta aprile, l'auto è scomparsa... qualche telefonata e si scopre che l'auto è stata rimossa dalla polizia urbana... ci rechiamo dai vigili urbani e ci informano che l'auto sostava in zona vietata e di intralcio al traffico (!?)... è stata tenuta otto giorni al posteggio dell'AMAT (azienda trasporti municipalizzata) e poi trasferita in un posteggio pubblico a lunga giacenza, per riprenderne il possesso bisognerà pagare la rimozione e la giacenza, totale 332 euro! Andiamo via meditando di lasciarla lì, ci viene fatto notare che comunque le spese sarebbero a mio carico lo stesso... il giorno dopo con i soldi in contanti torniamo dai vigili urbani, parliamo col "capo", cerchiamo di mediare e di capire come sia possibile in un paese civile e con le tecnologie a disposizione che non si possa essere messi al corrente di una rimozione in tempi più brevi, non contestiamo l'infrazione, dopo 55 giorni comunque sarebbe difficile per mio figlio ricordare... il "capo" sostiene di averlo fatto, mi mostra la lettera, non ancora ricevuta... l'auto è stata rimossa il 14 marzo e lui scrive in data 24 aprile di andare a riprenderla, non è colpa sua, dice se le poste sono lente... accidenti ma lui la lettera l'ha scritta dopo 40 giorni, quasi si arriva alle parole grosse e per evitare andiamo via, francamente lo reputo un emerito imbecille ma non posso manifestarlo per ovvi motivi... paghiamo i 332 euro in contanti e ci viene rilasciata regolare ricevuta, andiamo al posteggio a prelevare l'auto, le plastiche laterali delle frecce sono distrutte e il sedile di guida è inspiegabilmente addossato al volante, tanto che mio figlio fatica ad entrare, come se l'auto non fosse stata guidata da lui (!?)... nel frattempo arriva un primo verbale e una multa da 92 euro spiccata in data 16 febbraio... il numero di verbale non corrisponde a quello trovato sul parabrezza, certo i verbali saranno due... il 25 maggio mi arriva un avviso di raccomandata in giacenza alle poste (chissà perchè i vigili urbani spesso passano la mattina quando io sono in ufficio e non a casa, peraltro non c'è neanche un custode...) ma il giorno dopo ci sono più di cento persone in attesa alle poste e all'orario di chiusura ci sbattono fuori, la sera io prendo una nave per Napoli... al rientro il 4 giugno, prendo un permesso in ufficio e mi reco alle poste, per fortuna l'attesa si protrae soltanto per un'ora, la raccomandata è un invito a ritirare l'avviso che non hanno potuto notificarmi, presso la casa comunale... prendo il 6 giugno, visto che ricevono in orari più abbordabili anche il pomeriggio, un altro permesso in ufficio (da recuperare chiaramente...) e mi reco alla casa comunale... per inciso, il posteggio di 13 minuti mi costa 1,50 euro... (ho chiaramente sbagliato lavoro...) ci sono già 25 persone a turno ma per fortuna i tre impiegati sono veloci, l'avviso non è altro che la lettera famosa che il "capo" mi aveva mostrato in copia, datata 24 aprile e che mi intima di ritirare l'auto che ho già ritirato, leggo che se entro tre mesi non avviene il ritiro l'auto verrà rottamata... se mio figlio fosse rientrato più tardi... rientro a casa e trovo un altro avviso di raccomandata in giacenza all'ufficio postale... ma porca p... il nove giugno, cioè oggi, altro permesso in ufficio, stavolta le poste sono stranamente deserte, ritiro la raccomandata, atti giudiziari, il secondo verbale, altri 94 euro... la storia dovrebbe a questo punto essere finita... torno a casa e nella cassetta delle poste brilla una busta verde... stavolta non devo andare da nessuna parte, è solo il messo comunale che mi comunica che un avviso è stato depositato alla casa comunale, lo stesso che ho già ritirato il 6 giugno... nel frattempo, per non annoiarmi... ho ricevuto un avviso per una cartella di pagamento (la TARSU...) il Comune ha incaricato la SERIT della riscossione, e la SERIT ha incaricaro una ditta esterna per la notifica, la quale mi ha lasciato questo avviso alle 9.34 quando io ero in ufficio... per fortuna loro fanno orario continuato fino alle 17 e riesco, anche se mi tocca recarmi quasi in centro, a ritirarla abbastanza agevolmente... mi domando se non fosse il caso di gestire la consegna in maniera differente... siamo in un paese molto civile, dove vige la democrazia, che sta finendo a rotoli e dove la tecnologia non serve a nulla o quasi... non è il caso di indignarsi o farsi il sangue marcio, è l'Italia.

4 giugno 2012

Vedi il mare quanto è bello...

Il business non guarda in faccia nessuno e niente, fatti tuoi se vuoi continuare a rincoglionirti davanti spettacoli insulsi e isole del cazzo, nessuna televisione da casa, la tele la mettono loro, piccola e slanciata, spina e antenna provvista, modica cifra di due euro al giorno per il noleggio e fantastiche promozioni settimanali, si scrive intrattenimento si legge camorra... mi chiedo cosa succederebbe se al pari degli ospedali siculi tentassi di portarmi da casa una sdraio per la notte... il linoleum è tirato a lucido, mi aspetto altre cadute... ampi corridoi si chiudono alle porte, la caposala è un tipino tosto che scrive sul mio certificato la data odierna, la da per scontata come data di ingresso e conclude che il ricovero sussiste a tutt'oggi, in breve cinque giorni in uno... il Professore è tale, visibilmente annoiato, biascica parole, piuttosto ferme e decise, è uno pratico, già alla visita aveva perentoriamente sentenziato come non ci fosse nulla da dire ma soltanto intervenire... appoggiato al muro in abiti borghesi recita la sua litania e conferma che si sente di dire non finisca qui... tira un'aria strana, a tratti pioggia, a tratti il sole, maglietta o camicia e giubbotto, la tangenziale e le sue uscite, cuma, pozzuoli, agnano, fuorigrotta, vomero, camaldoli, arenella... ormai le so a memoria, la mano che si alza in un gesto rapido, furtivo, la placca al parabrezza mente ma lascia passare... la catena di montaggio è inarrestabile, due infermieri accompagnano il paziente di turno che dopo una mezzora torna in barella con un occhio bendato, chi il destro, chi il sinistro... la lettiga vuota mi passa accanto, le lenzuola sempre quelle... ogni giorno, tutti i giorni... la catanese aveva una ciste che pressava, l'occhio si era spostato in basso sulla guancia, le hanno perforato il cranio, tutto bene, intervento riuscito e via alla convalescenza, un carrello che sembra blindato attraversa rapido il corridoio, effluvi, odori, gli addetti in tuta arancione depositano vassoi su vassoi, le pietanze sono tutte diverse, la pasta mista con le patate, le penne rigate al pomodoro, la minestra di riso o la carne arrosto, l'odore è sempre uguale, immagino anche il sapore... la vicina ha le palbebre calanti... è composta, seria ed educata, una ex insegnante sarda col figlio a Caserta che ha sposato una romana... due interventi ravvicinati e due fili in tensione, mi domando se le palbebre torneranno alla normalità... lascia le sue riviste patinate con i pettegolezzi sempre freschi di giornata ed esce fiera e allegra... intanto la schiena urla alle molle del mio letto di lasciarla andare, le notti non sono notti, rimango sveglio e non appena mi assopisco urlano i fantasmi e recitano incubi magistrali in salsa rosa, le scale si affollano di gente e fumo, l'ultimo film e la sigaretta che cade, provvidenziale tabacco anti strage... gli omuncoli coperti si sfidano nella notte, trama e ordito, tutto già visto, tutto già scritto, i Karamazov all'erta nell'abbiocco post-prandiale, l'ultima preda, l'orsetto urlatore, vite rinchiuse e dimenticate, sprazzi di luce nella strada deserta e rossetto e smalto, i rifiuti e il giro concentrico, il finanziere non è di qui, non sa dove sbuchi quella strada, giriamo in tondo fino alla necessaria infrazione, non sarà facile spiegarlo al Giudice di pace... le due pizzerie in cagnesco offrono tesi opposte, sono io il primo ed unico, no io c'ero già prima... le fiamme risultano accattivanti e regalano la fila, propendo per il secondo e non me ne pento, il cellulare manca la sua funzione e recita spedito ma sfocato, la tipa col cagnone e quella con la blusa larga, intanto le lacrime solcano il solcabile e si perdono tra le linee telefoniche, vorrei tu fossi qui, vorrei tu fossi qui, si spengono le luci e l'ultima canna, Pozzuoli e il mare che non vedo, la nocciola coatta e l'entroterra bislacco, le maglie sono scadenti ma il prezzo è ottimo, del resto faranno il loro dovere fino in fondo e non avrò da pentirmene. La guarnizione era lacerata ed io non m'ero accorto, non importa che inforcati gli occhiali l'unguento oleoso produrrà il miracolo... e Tore, e Chicco, Luca e Bea... suoni di sitar o di guitar e percussioni e rap, gli alimenti brasiliani sono prodotti a Milano, me ne parla il boss napoletano, mentre il rumeno mi mostra il kit, l'africano mi dice che la calabresa è terminata e il cinese batte sui tasti della cassa, me ne vado frastornato, confuso tra le transenne e il materiale di risulta, ancora cercano la metro... che desiderio di essere già lì, la frizione ci lascia, una corsa, un taxi, la tua voce, le nocche alla porta e sono già le sei, il cielo è terso e tira lo scirocco, siamo a casa, tra i panni da lavare e le piante da ridestare, un timido segnale, un passo, un gesto, per ricominciare.