17 marzo 2008

Tre amici, colori e scirocco

E' vero, è giusto, bisogna darsi delle scadenze precise, altrimenti ci sono cose che non concluderemo mai. Ci provo, mi prefiggo finali già scritti, ma l'imponderabile è sempre in agguato, dimenticare il passato, non considerare il futuro, vivere il presente. Il presente, la quotidianità, il ripetere ossessivo azioni già conosciute, districarsi abilmente nella fitta vegetazione della burocrazia già sarebbe un traguardo. Massimo è già ripartito, vive il suo disagio con la dignità che lo contraddistingue, abbiamo riso insieme, bevuto, mangiato, delirato, la lontananza ci divide la profonda amicizia ci lega. Agustìn arriverà domani, il professore attende febbrilmente il maestro, percorsi simili tra noi e la possibilità di parlarne insieme adesso, qualche giorno a confrontarsi, a smoccolare, fumare, bere, mangiare, goliardicamente e non.
Tre diverse modalità, un unico comune denominatore, percorsi a volte opposti e esperienze differenti, risultanti inaspettate e a tratti convergenti per singoli episodi.
Do una lustratina veloce alla casa, ho riposto i colori ad olio ma resta nell'aria il profumo tipico, man mano che l'olio si asciuga modifica l'aspetto e svanisce l'odore, sento pressante l'urgenza del definire, mi manca poco, la manualità ritrovata mi regala decisione e le idee prendono forma.
Chissà se ci sarà ancora un domino a rallegrarci o sentiremo tutto il peso della pasqua, forse riusciremo ad andare al cinema noi tre, forse riusciremo a dire il non detto, forse nutriremo stomaco e cervello. L'immagine nitida del deserto di Atacama mi riporta indietro negli anni, ancora una volta, seduto sul crinale guardando ora a nord ora a sud, il sole che arroventa e che lasciando la cordigliera prosegue il suo cammino verso il mare, il rituale ancestrale dell'unica rosa e di quell'unico giorno, lei che mi dice grazie stizzita nel suo italiano stentato e va via voltandomi le spalle negandomi per sempre la possibilità di conoscerla, la casualità, l'orgoglio, la timidezza, la paura, se siente se siente Allende es presente, la Moneda, la Serena, Puerto Montt, l'isola di Chiloe, quell'uomo che ci noleggia la sua auto e scopriamo nascondere le foto del Pinocho dittatore, Agustìn è tornato da poco dal Cile, un viaggio diverso, una fuga e un pentimento, la voglia di ripartire, un altro pentimento, i suoi 63 anni contro i miei 49 e i 46 di Peppe, vite a confronto, immagini sbiadite, racconti, è vero le esperienze degli altri non servono mai, ma è così confortante ascoltare la vita di un altro, alcuni nascondono dolori, alcuni decantano le gioie, diversità che accomunano tutti, nessuna terra è diversa, i colori arricchiscono, le lingue offrono musicalità diverse, siamo tutti uguali e tutti diversi, la giustizia non è di questo mondo e per quel che mi riguarda di nessun altro, guardo distrattamente le immagini che scorrono, infimo film pessimi attori, non riesco nemmeno a ricordare il titolo, soddisfo la mia golosità fagocitando quel che resta della splendida bavarese alla gelatina di mandarino, pesto i tasti, fumo l'ultima sigaretta, e non sono ancora condannato, un insolito scirocco imperversa e molesta le mie piante, sento le mani impazienti e gli occhi avidi, quando qualcosa prende forma, al di là delle ovvie insoddisfazioni parziali, riesci a gonfiare il petto, il respiro si fa profondo non vedi l'ora di svegliarti per dare il buongiorno alla tua creatura, aspetti che prenda posto tra le tue cose, attendi di annoverarla tra le tue preferite, ma non ci si accontenta mai, ed è normale, è giusto che sia così, la ricerca continua, le scoperte si perpetuano, ti rigeneri, ti riempi, finalmente ti senti di nuovo vivo.

12 marzo 2008

Quel suggestivo viaggio nei ricordi mentre ascolto la mia musica

I fichi d'india di Zacatecas, l'odore della campagna, sudore sulla pelle, sole e mandarini rubati, l'odore intenso, penetrante dell'essenza di trementina si stempera pian piano con l'olio di lino, passano i giorni, la casa s'impregna, respiro, m'inebrio, ricordo i primi tubetti, gli sguardi paterni, le mani tremolanti sfidavano l'ignoto, il passato non si cancella mai, correvo inseguito da un randagio o forse felice per l'appuntamento con la mia dolce amica, la fitta al piede mi colse impreparato e il rosso fiotto allagava e dilagava, sette anni o forse sei, Carime sorride mentre guida un auto che sembra quella di Eva Kant, ma la ferita lacerante che mi perde non sanguina, le prime parole, le ultime, quanto dura l'amore? Il tempo che la lastra di ghiaccio si stacchi fragorosamente tuffandosi e alzando impensabili onde, la corriera, le cartoline, il mare, le isole, odore di erba tagliata, tengo miedo de perderte, ginocchia sbucciate, le cicale e poi la luna piena, i motorini, le prime sigarette distratte e rubate, se non mi parla io non le parlo, il mio sorriso è più vecchio dentro lo specchio, pensavo potesse piacerle, ma lei non è stata felice del mio raffigurarla sebbene con tutta la mia fantasia, la paura dell'esposizione, i miei chilometri a ritroso, i passi sugli stessi passi, la balena franca austral, il forte vento e le mie piante, la speranza di vita, quella quercia in primavera, tutti i miei viaggi in treno, Salerno, Bardonecchia, Torino di passaggio, ventinove anni fa Roma, è credere o no, Como, pasqua sul lago, il senso della festa, vorrei incontrarti, l'amaro in bocca, la trementina e l'olio di lino, della disperazione e la paura, la mia amica persa nel tempo e il ricordo del suo assurdo aborto perchè lui non voleva saperne, della fine dell'amore, sul punto di cadere, le strade verso l'India, Cina.
Quante colpe si riversano in questi trent'anni, posso solo difendere quello che so e la perdita che sento imminente e tutto il terrore, quando qualcosa si rompe per sempre, quando non riesci a superare il disagio, e torno a guardarmi nello specchio e guardare lui, comportamenti analoghi, stessa dinamica e faccia, Battisti, quel taglio nel piede correndo, quel profumo, quel tepore, immagini presenti, e riprendere a cucinare dopo l'abbandono, disagio, zio Antonio adesso ho anch'io la tua età, il pc vuole che inserisca l'iter, le mie brioches col gelato, il buffone di una notte in treno, lui così piccolo e forte dorme disteso sulle mie gambe nel corridoio, mare, Cecilia, le biciclette, quattordici anni, flashback, suggestioni, le canzoni, Firenze, chianti e panini, il burro al cioccolato e i teschi nella vasca di ghisa. Sudore e maledizioni, ora spettatore ora trasportatore, un odore agita le sensazioni e smuove la terra dal mio cuore, agito i pennelli freneticamente, sento le voci che arrivano, sento gli odori, collego i rumori, rivivo le sensazioni, vorrei dormire, risvegliarmi bambino, tendergli la mano, sentire la sua forte presa, gocciola il colore, frammenti di carte colorate, stucchi e acrilici, tutto si mescola, scende la sera, vorrei urlare, non posso fare niente è questa la tragedia, io sono qui, ed esserci non serve a nulla, Piero era cardiologo è morto di infarto, arriva il momento, si spegne la luce, addio Ipanema, addio Perito Moreno, e non sei niente, non sei mai stato niente.