25 novembre 2010

Di quali sacrifici

Il sacrificio... non della teologia, di cose concrete, del gesto teso ad ottenere un fine, come il fine che giustifica i mezzi, come l'ennesima rinuncia e al diavolo il fato. La misura colma tracimante di colpa, mi trascino sui gomiti con i vestiti laceri e la mente a brandelli, del tempo consumato e il traffico lento, le ciocche cadono e si radunano ai miei piedi, lo sguardo attraversa la strada chiusa, immensi blocchi di cemento, cerco di guardare tra le crepe, intanto resta ben poco da tagliare nel mio e adesso anche nel suo sguardo sconsolato, tento un approccio alla viabilità ma mi sconvolge il caos, non sono abituato, immagino sorrisi forzati e strette di mano, presentazioni, telefonate, carte e carteggi, richieste sconsiderate. L'esercizio del potere, prevaricazione e offesa, dileggio e presunzione, mastico amaro, non posso farci niente, anch'io schiacciato, deriso e umiliato, lo leggo negli occhi del sigarino spento mentre mi saluta a stento salendo le scale, forse quell'ammiccare vuol dire davvero qualcosa, mi volto aspettando di sentirlo cadere... sono i primi giorni e altri ne verranno, al massimo raddoppierò il gastroprotettore che di altre soluzioni non mi avvedo, non volevo dirmelo fino alla prova, quella di cui avrei fatto volentieri a meno, ma è troppo tardi e le campane intonano i soliti rintocchi, detestabili da sempre, per il richiamo al rientro, assillante, opprimente, logorante. La voglia di cucinare rotola sotto ai piedi e l'aria calda fonde il ghiaccio sulla schiena, roccia granitica il suo desiderio immarcescibile, dei miei dubbi e ritrosie fatte a pezzi e messe a cuocere in un cratere lavico, ascolto il tenace crepitio in silenzio e mi disperdo tra le ceneri.

Con

Molti concentrano l'attenzione sugli altri, non andrebbe mai fatto, non in questo modo, io non l'ho mai fatto, tranne che non sia stato coinvolto in prima persona. Odioso ascoltare pettegolezzi e dicerie, la gente, a quanto pare, non ha mai di meglio da fare.

24 novembre 2010

Il cuore batte ancora

Pagine, umori, sapori, basterebbe poco per dar vita a un disegno, forse si perderebbe lo stesso nel vuoto, quel vuoto che si apre piano, si espande, mi accoglie, cammino sul crinale e mi guardo intorno, basterebbe davvero poco... è qualcosa che prende, stringe, attanaglia lo stomaco, è il terreno cedevole, la pioggia battente, è guardare verso la finestra e non trovare lo sguardo, è salire in fretta le scale e sedersi nel nulla, è il freddo che mi circonda, le mie parole nel buio, la voglia di andare fuori e la paura di non trovarci niente. E' forse solo un momento, timidi segnali probabilmente, il sapore delle cose perdute, immagini, odori...
Ci si può allenare, innalzare barriere, rinchiudere e dimenticare, ma basta un piccolo gesto, un suono, una parola e ci si ritrova dispersi, cerco di decifrare quel calpestio ora sommesso e via via più energico e vicino, aspetto nascosto dietro il solito angolo, elaborazione del lutto, farneticare, dare di testa e volteggiare, aspetto di sentire la voce, mi volto, mi siedo ancora, osservo la tastiera e il video muto, chiudo gli occhi e ripercorro lentamente all'incontrario, fluiscono repentine immagini e sento di nuovo odori e sapori, ma sono tanto stanco, così stanco che non riesco nemmeno a portare le mani al viso, agli occhi, e intanto il sole si fa largo tra le nubi e il cielo torna a splendere di intenso azzurro. Sono vivo per fortuna e il cuore batte ancora.