14 dicembre 2010

Quello che...

Del diventare piccoli, odiosamente piccoli e farneticare, intorno il nulla apparente, e mille occhi e mille orecchie, cadono i calcinacci e nessuno se ne preoccupa, cadono come i capelli, l'uomo della strada mi urla come se fosse partecipe e a suo modo lo è, io in verità non saprei cosa dire, intanto divento pedante scrutatore, sospettoso e malpensante. Cieco, sordo, infine tornato in vita, mi volto indietro per un attimo e continuo a calpestare il calpestabile, del cervello cotto e delle membra disfatte, del sonno perduto e la memoria andata, che quel che cerco è ancora lì, la mia mano lo sfiora e il mio cuore se ne appropria. Quella persona spara a zero, alza il tiro, tende a fare molto male, ma non sa, non può sapere, io credo esageri, in cuor mio forse lo spero, intanto i tremori trovano giovamento in un piccolo gesto seppure lasciando perplessi e devastati per lo più nel portafoglio. Piccola inerme, segnata nel corpo e strascicante, occhietti lucidi e tristi, muovi a commozione e impotenti osserviamo gli eventi. La polemica ingrossa, argini ristretti e tracimazione in agguato, fremente attesa della caduta che non verrà e nessuna conseguenza, il tempo, quello che trascorre lento e inesorabile e avvelena e opprime. Piccoli uomini si adattano colpevolmente, è la vita stessa che lo impone, io faccio finta di non capirlo e lotto solo con me stesso, vigliaccamente e inutilmente. le comparse della notte a tratti si annunciano, al risveglio ritorna la normale apparenza. Vorrei soltanto gridare per una volta fino allo stremo quello che sento, quello che vorrei tutti sentissero.

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