22 marzo 2012

Riposo infrasettimanale

Seguo il profilo al buio e di saperne scrivere, il sorriso, il riflesso, il tepore, le mani, l'odore di frittura e il pane azzimo, scorrono le immagini, poetiche, a tratti struggenti e in un sottofondo di musiche accattivanti, sussulti poi risa, proiezioni, emozioni, interazioni, la crema di panna e la granella di nocciola, come gli immancabili dolci allo schermo, certe condizioni ripetute, dell'essere umano, sfaccettature, della simpatia che non è classificare, dell'accettazione che è ben altra cosa, e dell'osservare, si rischia di catalogare, e poi il signore del piano di sotto o forse di sopra che si accompagna a illustri sconosciute e non c'è verso che si volti e magari faremmo prima a fargli un cenno, sembra mummificato ma ci spinge verso ovest, basterebbe una sola poltrona, ma è già una sola, bisognerebbe che ricominciasse, per l'incanto prolungato nel tempo, per non dovere restare soli, ci sarebbe da inventare e costruire, e le due donne lì davanti e dei capelli corti e del tailleur a cui manca solo una cravatta, colpisce la tristezza, non un sorriso, e anche dopo in auto, le vedo andare via senza allegria, e ancora del voler tornare indietro, si stacchino i biglietti, si prenda posto e che lo spettacolo torni a cominciare, del titolo che è una conferma del recitare accanto, ma è già scaduto il tempo, tornare indietro, smettere di navigare, ondeggiare e divagare, e gli odori, i tremori, vai oppure resta, di oggi che è già domani, e aspetta e come ti è sembrato, e lui che prima non mi piaceva, lo trovo maturato, ma no il regista, e le finestre vaganti alle mine di fronte, il pasticciere, pasticciato, posticcio e inadeguato, si pensa al prossimo e non mi chiedere, e fai questo oppure no fai quello, ne vado matto, arranco e annaspo e do di testa, e do di petto, e nel silenzio del mio letto aspetto, voli pindarici e incanti onirici, la voce agli occhi e poi la luce, odore di caffè.

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