Iquitos resta, a malincuore, soltanto l'occasione veloce per riprenderci dal viaggio in aereo. Alcune ore di viaggio in auto ed il successivo trasbordo in barca ci scodella, attraverso affluenti vari, in quello che pensiamo essere il cuore della selva amazzonica, è già buio e facciamo fatica ad orientarci, ci accompagnano due ragazzi del luogo, nessun lodge, nessuna capanna, il nostro hotel a cinque stelle è una palafitta aperta su tutti i lati, un giaciglio di coperte ed una zanzariera a proteggerci dagli insetti. Una settimana a diretto contatto con la natura ancora incontaminata, immersi nel verde e circondati dall'acqua. Ci laviamo nel rio, con qualche timore per la presenza di piranha, coccodrilli e quant'altro, sembra quasi di ottemperare ad un qualche rito tribale, ci si lava i denti con l'acqua torbida e marroncina, restiamo affascinati dal silenzio, dalla fitta vegetazione, dallo scorrere silenzioso dell'affluente, è svanito il caldo, non sentiamo l'umidità, ci lasciamo lentamente trasportare dalle emozioni, il sorriso delle donne e dei bambini che vivono in una delle tante comunità presenti lungo i fiumi, ci ripaga della fatica e dei disagi tutti occidentali. Il curandero che sentiamo cantare in una notte stellata, induce timore, rispetto, ed un sorriso beffardo all'indirizzo dei tre ragazzi svizzeri che a caccia di emozioni si ritrovano a vomitare anche l'anima. Quando le cibarie scarseggiano ci ritroviamo a pescare e mangiare i piranha, chi l'avrebbe mai detto.
I giorni passati in quell'angolo sperduto di mondo, ci indurranno a nuovi pensieri...
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