20 gennaio 2009

Delle turbine e altre cose del mio cielo sereno e viaggi e altre stranezze

Le mani come sul piano, le mani imbrattate di colore, recito, la segreta bianco scende, infarino velocemente le malcapitate triglie... olio evo caldo, molto caldo, le giro, ed ecco la miscellanea, improvvisamente la cucina danza con me, le luci accecanti e le melodie narranti, aglio, cipolla, pochissimo pelato e poi pomodorini, cugini di pachino, sale, prezzemolo, sedano, saltano, sfrigolano, una lieve spruzzata di curry e poi la farina di pistacchi, grattugiato d'arancia, menta fresca e qualche foglia di basilico, danzo, col calice in mano mentre Obama giura fedeltà al suo popolo e al mondo, infine un tocco di prezzemolo ancora, non metto volutamente nè pepe nè peperoncino... amo guardarti in casa mia, perso come la tuma che al palato gioisce, fatto e maturo come un cocomero in settembre, disilluso, disingannato, inebriato nei profumi e angosciato al guardare il mondo, pane, miracolo di tutti i miei giorni, pane, il pesto e la pasta, mi pesto e m'impasto, m'impastoio, decanto, urlo, grido e canto, revisioni, motorizzazioni, angoscia... veleno, posto, ridesto, la mia bocca ti cerca avidamente, le mie mani come un cieco al nulla, fluttuano nel vento, mosche, mangio. Assaporo del guazzetto, mini guache, manca di sale, ma va bene così... di colori, odori e sapori, del pachino abbronzato al vino m'innamoro, che gusto sublime, un piccolo capolavoro, non sento le spine, pane, vino, due e poi? Mi fermerò... sono fermo da quattro mesi... narrami ancora delle tue valigie, del tuo calpesticcio e dei tuoi viaggi, dei resoconti e dei taccuini, dei pranzi saltati e delle tue brioche nel latte, del civo e l'olio... rispondimi, guardami, sorridimi ancora, di un cuore malandato e della cecità, bambini dilaniati, del sole lampeggiante, a ore, di sordidi lamenti e poi tormenti, "Or ecco, Ecco io non piango più, venne il dì nostro..." e di quel ragazzo tornato cavaliere e della di lui madre ormai morta... lacrime di un ragazzino perso nei sentimenti, lacrime di un uomo affacciato ai sentimenti. Sono il folle pasticcere del sublime, onore al vero nell'incanto del palato... sogno ad occhi aperti e il vino trasecola e perpetua. Piccoli piaceri mormorano, vorrei gridarlo e non si può, come le ciambelle calde nell'odore di pioggia alla vaniglia, i biscotti trafelati e trafugati di mia nonna nell'incommensurabile segreto di Pulcinella... giacerò soddisfatto, satollo e rinfrancato, solo, meditabondo, errante, e la pioggia ai vetri e al mare, con tutto il sapore, l'odore, e sempre quel gesto timido d'infante.

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