12 gennaio 2010

Scommetto

Ci scommetto che è lui, è lo scommettitore, tutti avrebbero scommesso, sconnesso, sommesso, come il rumore che rompe il silenzio, come il silenzio che cala sul mio sguardo riflesso negli occhi azzurri e tristi, come il tempo che si restringe e ti fa sentire piccolo, tanto piccolo e inerme. Come un urlo ricacciato dentro, le mani che si agitano, una vita che lotta, come tempeste annunciate, come mani ferme al timone e vento e acqua e pianto. Di arcobaleni romani, come di nebbie o cascate, di sorrisi dimenticati, di tolleranza, comprensione, il desiderio di cose semplici, facili, di un tasto solo.
Che mi guardo intorno e non vedo nessuno, nessun viso conosciuto, e nessuno mi rivolge la parola, solo in lontananza qualcuno punta un dito, e secoli di infamie si rivoltano su di me, e poi la sveglia implacabile e il cielo scuro di pioggia bagnati i vetri al mio forte caffè nero.
Ancora chilometri, vetri appannati, freddo, forse neve, le mie mani ai guanti e un cappellino calato sui pochi capelli, cosa dirò alla signora e come mi giustificherò della mia maleducazione, delle mie dimenticanze, della maglia lasciata sotto al cuscino e dell'offerta mancata e di una partenza improvvisa e inattesa, che non ho mai sopportato il clero e i derivati...
E gli altri intorno di un destino comune, e imparo, anch'io come loro mostro unghie e denti affilati, stringo le mani alle sue e lascio che ripeta con me atavici riti di guerra, che è una guerra e si avanza carponi e intorno i lampi e i fragori, che è una guerra baionetta e coltello tra i denti, mimetica e elmetto, la sigaretta fumata al contrario, o al gelo fuori che dentro è vietato, cosa darei, cosa potrei, Carlo che non vedrò mai più e altri mi aspettano, conoscerò i loro nomi e le storie con le loro vite che non rivedrò mai più. Distesi o in corsa, sole, erba e fiori, canti e grida, due bambini ignari che a tratti litigano o si rincorrono, e poi la vita che si agita, muta, e prende tutta un'altra piega.

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