14 ottobre 2010

Brasiu

C'eravamo limitati ad osservare, in apparenza con distacco, in realtà con molta apprensione, un dietro le quinte in cui le scene si susseguivano, uguali e diverse ai nostri occhi, a tratti immobili, perenni. l'irregolarità del fango, paglia e fieno, fogne a cielo aperto, pietre su pietre, case su case, persone su persone, neanche il coraggio di una fotografia, infine specchietti per allodole, noi turisti, cibi confezionati ad arte, parvenze, farse, e intanto occhi diversi carpiscono ciò che è reale, ne restituiscono, dove possibile, tutta la drammaticità.
A giorni alterni il piccolo si palesa o recalcitra, attendiamo con estrema cautela e fiducia, venti nuovi, invero timide brezze, eppure nuovi sguardi e ritrovati ardori, ecco che la rappresentazione torna prepotente, gesti simili, oggetti riconosciuti, altri lidi, bersagli e prospettive.
Un nuovo silenzio mentre torna anche la pioggia, pannelli esausti rifioriscono al tatto in attesa di colori e sapori.
La resa è dura, impensabile, accanimento, odio, odore di erba tagliata di fresco, il fango nei tacchetti, il guanto scivola mentre l'occhio segue la traiettoria in fondo al sacco. Inutile sperare, ciò che è stato non torna.

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