30 luglio 2012

Soggiorni roventi

E' già un anno, non si direbbe, ma lui lo sa bene, mi tende la mano e mi chiede se ci vedremo di nuovo tra un anno... ed è come un anno fa, lo stesso sudore freddo che gela la schiena, il lungo tavolo in cemento, scrostato, lascia trasparire le vernici sovrapposte, le pareti trasudano gli anni e il tempo in realtà non passa mai, il frigorifero negato, il ventilatore negato, la libertà negata com'è giusto che sia, non si capisce semmai l'accanimento... sorrisi e pancetta, qualche capello bianco in più e i ricordi che prendono campo, e poi i racconti del quotidiano, i clan e le rappresaglie, il comandante gli ha chiesto di non attuare la "battitura"... di dare da mangiare a chi lo chiede... le condizioni sono proibitive ma è così che funziona e non ci si può ribellare... bambini ammucchiano sgabelli come grossi pezzi di costruzioni, mangiano patatine e bevono cocacola, si ingozzano di merendine e the freddo, il caffè nel thermos stavolta è amaro, è un caffè forte che sa di sacrifici, lo beviamo insieme come se fosse un rito, di colpo mi sento trascinato sulle rive del rio delle amazzoni col curandero che recita litanie e spande fumi nell'aria... e poi ci sono le convivenze con gli stranieri, le lingue, gli arabi e il "mese torrido" ossia il ramadan, bisogna conciliare, intercedere, ammansire, i musulmani aspettano rivelazioni... e il cibo è sempre poco e le porzioni differenti e poi non si sa come quel tipo è caduto dalle scale... i torti, gli abusi, il caldo, eppure tutti sorridono, prendono in braccio i bambini, mangiano insieme tutte le porcherie che possono permettersi... la cucina è una fuga, il giubbotto è stato portato via e anche le scarpe, e allora la camicia con le maniche lunghe, per provocare, per obiettare qualcosa... intanto l'ipovedente è stato trasferito qui a trecento chilometri dalla sua città, logiche inconcepibili partorite da uomini senza coscienza, si inveisce contro i residui di dignità, inspiegabilmente, come i manganelli selvaggi che vomitano incertezze, disagi personali. Mi prende un'incontrollabile desiderio di piangere, piangere e urlare e aspetto con ansia di sentire l'aria fresca, di vedere la luce, prigioniero della mia inettitudine e preda dell'angoscia. La strada è rovente, la mente si perde, l'auto dello straniero brucia, salva solo il trolley ma possiede ancora la libertà, un grido di dolore, e non è ancora niente, putrido metallo in croce e il gabiotto con l'aria condizionata, niente documenti che non possono accettarli, intanto lo stato lucra sul lavoro e nega i diritti, come se fossimo a Santiago nel 1973, si spera solo di non essere fucilati, la ragazzina lo guarda con affetto immutato e gli da l'arrivederci, e poi diventerà grande.

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