12 gennaio 2008

Lo scopino nella candeggina

Le lacrime scendono lente sul volto di Tami, nel suo itaspainglese riesce a dirmi che spera ci vedremo presto, la Estación de França sembra essere rimasta quella del 1929, un tuffo nel passato che rimanda ad antichi fasti, ad antichi dolori, anche se della dittatura franchista non sembra più esservi traccia, Barcelona si sveglia in questa fredda mattina di dicembre accarezzata da un tiepido sole, lentamente percorro a piedi i pochi chilometri che mi riportano a casa, Peppe e Valerio dormono ancora, il natale ce lo siamo lasciati alle spalle, fumo disteso sul letto, la finestra aperta rimanda echi di bambini in festa, un velo di tristezza, non mi lascia l'immagine degli occhi di Tami ora sorridenti ora mesti e tristi.
Adriana mi ha salutato con molto affetto, sorridente e lanciata verso i suoi nuovi traguardi, Valerio maledice se stesso, la sua presunzione, i suoi errori, avrei voluto trovare parole diverse, mi riconosco adirato e incapace, piccoli momenti di tensione, d'incomprensione, anneghiamo i dissapori nell'ennesimo vodka lemon, dopo guardiamo tutto con più serenità, ci ritroviamo, torniamo a sorridere, uno sguardo, niente più parole, avremo tanti giorni ancora e la maniera di riparlarne.
La Rambla si porta via il sorriso, ancora una volta, scende una pioggia fine e traditrice, il Montjuic sembrava aspettarci, Mirò è preso d'assalto, gli invasori parlano la lingua italiana, straziano tutto quello che trovano sul loro cammino, impietosamente, vanno a caccia di souvenir, di un briciolo di memoria, lui è sepolto qui vicino, ne avverto la presenza, ci perdoni maestro.
Non siamo stati capaci nemmeno di una telefonata, Santiago non è a un tiro di schioppo, ma le telecomunicazioni oggi fanno miracoli, il piacere è rimandato ancora una volta, la paura regna sovrana e incontrastata, Agustìn, perdonaci anche tu.
Pablo Ruiz Picasso è morto, è morta l'arte, viva l'arte. Divoro i passi, la frenesia mi assale, voglio nutrirmi, voglio ingozzarmi, voglio scoppiare di piacere, gli occhi pieni, il cuore impazzito, mi fermo soltanto quando lo vedo, lui è lì, mi guarda, sembra dirmi morirai anche tu, non sai quando, ma accadrà e nessuno saprà cosa avresti potuto fare, stupido, vigliacco, insulso essere, i colori si sciolgono, lentamente debordano dai quadri e mi cingono in una morsa sottile, le dita di pane sembrano prendersi gioco di me, che figlio di puttana, ti ho amato dal primo giorno, con la tua maglietta a righe e le mani sporche di colore, per le tue stramberie e le tue donne, e ti ho odiato perchè non ero lì, mi resta una foto rubata, i tuoi occhi, gelidi, spietati, accusatori, mi fa male ammetterlo, ogni giorno di più, perchè m'inchiodi alla verità.
Sudore, accanimento, oltraggi alla libertà, e la stramaledetta teleferica è già chiusa, sento svanire il tempo, il sole sta per scomparire dietro i monti, il freddo si fa intenso e i giorni sono andati via, paella da dimenticare, chuleton da ricordare, la crema catalana, il pub di Simone, Sorriso, Catalunya, il piattello e il santa diña chileno, è stato solo un momento, mi sono distratto e adesso questo bel flacone di candeggina resterà inutilizzato.
Gaudì, Aldo Rossi ed anche Bonvicini, sagrada, segrate e le strip, ancora lei, l'ignobile, irriverente con la falce, monumenti ai caduti e caduti dai monumenti.
La moka l'ho portata da casa, non ho saputo resistere, il caffè della mattina è l'unica sacralità che riconosco, la prima sigaretta, le prime luci, il porto olimpico e il park Guell, il barrio gotico, la ciudadela, la condoneria con i suoi oggetti bizzarri.
La diagonal e le corti inglesi, non c'è, inutile insistere, ancora non c'è, vive nella nostra immaginazione, Valerio lascia stare, smettila di bere, Peppe pensieroso, un sorriso, ritrova la parola, gli ultimi dodici secondi, dodici acini sentenziano la fine, in ritardo prendo ad ingozzarmi, recupero, taglio il traguardo in tempo, siamo nel 2008, verso un goccio di candeggina, lo scopino ringrazia.

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