Forse era soltanto gelosia, o forse invidia della bellezza del non sapere, eppure calciavo forte, con cattive intenzioni, suppongo adesso, lui sorrideva sempre, bardato di tuta, ginocchiere, guantoni, troppo grandi per permettergli anche di muoversi, ma lui sorrideva, sempre, anche quando restava legato ad aspettare, senza dire nulla, senza obiettare, senza aspettarsi nulla, neanche di fronte alle pistole che ci venivano puntate, neanche una lacrima, ho sempre scambiato per forza la sua sensibilità, del resto non ho mai capito niente veramente, rigiravo tra le mani quel flaconcino e mi chiedevo con ostinazione perchè il contagocce fosse stato spinto a forza al suo interno, sempre poche parole, ma quelle poche parole mi restituivano con molta chiarezza le sue notevoli capacità. Che fosse il codino o la barba lunga, o la Parigi delle sue foto, gli occhiali scuri che mi negavano lo sguardo, le troppe sigarette, o di quella volta che gli dicevano, "mangiami, mangiami", gli anni di lontananza e le lettere in sordina, verità nascoste e domande senza risposta, cercavo tra le nuvole il colore della mia terra lontana, mentre la vita si prendeva tutto e il tempo non ci aspettava, echi lontani di gesta andate, di solitudini, di fasti e clamori, di risa perdute, di infanzie negate, gli amori, gli amori, persi nel vuoto di una stanza, tele disperate e richieste d'aiuto, di quelle corse del mattino e dei cornetti appena sfornati, di qualche cinema e di tutti i libri non letti. Del dolore della verità che a tutti i costi non si vuol sapere, di tutti i traumi e le sconfitte, del desiderio che muore ogni giorno, dei momenti di odio, di delusione e di tristezza, di una richiesta disperata.
Il desiderio sopito di quel viaggio insieme che non è mai venuto, delle promesse e del distacco, dell'indissolubile amore fraterno.
La paura dell'ignoto ci rende sgomenti e solidali, insieme a tutte le domande alle quali cerchiamo frenetiche risposte, la lotta continua, la lotta è sempre dura, i grandi occhi incorniciati da folte ciglia mi osservano, scrutano la mia ignoranza, da tempo hanno smesso di credermi, un fremito attraversa la mia schiena e un dolore che non conosco mi spinge a piegarmi in avanti, mi osserva incredulo e le mie parole si perdono nel vento, gli tendo una mano, ma come sempre è tardi, anche questa volta capisco in ritardo, anche questa volta perdo la mia occasione.
Lentamente il giorno fa il suo ingresso, ho aperto gli occhi già da un pò, preparo il mio solito caffè e accendo la mia prima sigaretta, la notte è stata tormentata, tra gli acufeni che non mi lasciano un momento e i pensieri sparsi e intrisi di un dolore nuovo, la luce filtra tra le tende, i fogli sparsi in giro riaccendono il mio interesse e la voglia di sapere, vorrei essere lontano, perdermi tra la gente, non farmi riconoscere, l'ennesima fuga, l'ennesimo non-ritorno vagheggiato, a volte le battaglie si vincono da soli, ma una guerra è un'altra storia, troverò la forza, quel coraggio perduto, non perchè debba, solo perchè voglio.
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