10 maggio 2009

Di quei capelli ribelli

Di quei capelli ribelli, il sorriso, e lo sguardo che si perde, improvvisamente mi sembra tutto chiaro, così definitivamente chiaro, è un lampo, e ne scrivo, penso e ripenso, aspetto.
Di un bellissimo libro e dei ricordi, tracimati nella pellicola che a piccoli sorsi sgorga dai miei occhi, del tempo e dell'animale morente, dell'ineluttabile che si riflette, senza possibilità di scampo, gli occhi umidi e il cuore accelerato, della morte e dell'amore, dell'amicizia relegata e bistrattata, dello sfogo finale, del martirio e del supplizio, del fondersi e confondersi, delle mie mele sbucciate e il caramello, delle mie mani inerti, di orgoglio e risentimento, della famiglia cancellata, di un dolore troppo a lungo celato, di misteri, falsi inganni, passeggiate nel silenzio della notte e tentativi abortiti, del ripetere affannoso e degli errori, la memoria che tradisce, l'abitudine che fallisce, mi muovo silenziosamente come se in casa ci fosse qualcuno, qualcuno che mi osserva, mi giudica e decide, il mio vissuto, il suo, linee che si intersecano, così vicine e così lontane, un grido di aiuto e di dolore, proseguo il mio cammino, vagante, assente, l'orlo del precipizio e la corda tesa, aspetto.
Il desiderio che fa a pugni con la realtà, inanimate figure agitano ancora i miei pensieri, del vino e del cotto, del pianto, presenzio alla morte, timidi sorrisi celano verità assordanti, mantello, cappello, geriatri e fornelli, folletti, capretti, insulsi reietti, la notte.
Solitudine, brandelli e mareggiate, sferzano il viso roventi gocce, al richiamo sordo, sospiri, traballa la scena tra quinte ondeggianti, muti suggeritori abbandonano il desco, attori, comparse inghiottiti dal nulla, spente le luci, cala il sipario.

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